Data

Date:
14-02-2020
Country:
Italy
Number:
21834/2020
Court:
Corte di Cassazione
Parties:
Valente S.r.l. v. Impulscommerce D.O.O.

Keywords

FUNDAMENTAL BREACH (ART. 25) - BUYER' FAILURE TO PAY THE PRICE

EXPIRATION OF ADDITIONAL PERIOD OF TIME FIXED BY SELLER - BUYER'S FAILURE TO PRICE THE PRICE - SELLER ENTITLED TO AVOID (TERMINATE) THE CONTRACT (ARTS. 63, 64 CISG)

Abstract

An Italian seller concluded a contract with a Croatian buyer regarding the purchase of vineyard pilings. According to the agreement, the goods were to be delivered in three installments, and the price was to be paid before each installment. The seller was also required to provide a bank guarantee (namely, an advance bond guarantee) against the receipt of each payment.As the seller, after the shipmnt of the first installment, did not receive the relating price, a dispute arose between the parties. Then, the seller declared the contract terminated and sued the buyer for recovery of the outstanding sum plus damages.
Based on the CISG provisions, the court of first instance entered judgment in favor of the seller, but the Court of Appeal reversed the decision. The Court of Appeal, in its ruling, determined that, since the seller had not provided the bank guarantee promptly as required by the contract, its request for the payment was not legitimate and could not serve as a valid ground for declaring the contract terminated. The seller appealed the decision before the Supreme Court.

The Supreme Court agreed with the first instance Court that the buyer's failure to pay the price amounted to a fundamental breach of the contract; hence, since the seller had fixed an additional period for performance as per Art. 63 CISG, it was rightfully entitled to declare the contract terminated by mere notice to the other party (Art. 64 CISG).

Fulltext

1. Con atto di citazione del 21 luglio 2010 la società Valente Pali Precompressi s.p.a. conveniva
in giudizio la società croata Impulscommerce d.o.o., deducendo di aver stipulato un contratto
di fornitura di palificazioni per viti, con un compenso complessivo di euro 1.902.052,70, da corrispondersi in tre versamenti anticipati prima della consegna della merce, anch’essa da eseguirsi in tre soluzioni; il contratto, alle condizioni speciali, prevedeva l’emissione di una garanzia bancaria a favore del compratore, «a fronte» del versamento della somma pattuita; asseriva quindi l’inadempimento della convenuta per non avere eseguito il pagamento della prima rata, inadempimento confermato dal comportamento successivo di Impulscommerce, che anche quando Valente aveva prestato la garanzia bancaria, pur non essendovi tenuta, non effettuò mai il primo pagamento; chiedeva quindi che, una volta accertato l’inadempimento della società convenuta, venisse dichiarata la risoluzione del contratto ai sensi della convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci, con conseguente condanna della società convenuta al risarcimento del danno, quantificato in euro 1.606.441,76 ovvero nella misura equitativamente determinata dal giudice. Costituitasi in giudizio, Impulscommerce chiedeva a sua volta di dichiarare la risoluzione del contratto per fatto imputabile alla società attrice, che aveva rifiutato di prestare la garanzia bancaria necessaria per procedere al versamento della prima rata del prezzo concordato e che poi aveva fornito materiale inidoneo.
Il Tribunale di Padova, accertata e dichiarata la risoluzione del contratto per l’inadempimento della società convenuta, con sentenza n. 574/2015 condannava quest’ultima al pagamento in favore dell’attrice di euro 1.606.441,76 a titolo di risarcimento del danno.
2. Avverso tale sentenza proponeva appello la società Impulscommerce d.o.o., insistendo per la dichiarazione di risoluzione del contratto a causa dell’inadempimento della controparte.
Con sentenza 23 marzo 2018, n. 718 la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente accolto il gravame e ha così respinto la domanda di risoluzione del contratto proposta da Valente nonché la conseguente domanda di condanna al risarcimento del danno.

3. Contro la sentenza ricorre per cassazione la società Valente s.r.l. (già Valente Pali Precompressi s.p.a.).
L’intimata Impulscommerce d.o.o. non ha proposto difese.
Considerato che
I. Il ricorso è articolato in due motivi.
a) Il primo motivo lamenta «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 64 della convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale di merci»: la Corte d’appello, che pure ha ravvisato il «grave» e «definitivo» inadempimento della società Impulscommerce (avendo questa rifiutato il pagamento nonostante la ricorrente avesse prestato garanzia bancaria anticipata), ha ritenuto tale inadempimento non determinante ai fini della risoluzione del contratto, non considerando che Valente, con la diffida del 2 novembre 2009, aveva intimato il pagamento degli importi già scaduti, tra cui il primo di euro 320.171,42 («co- perto» da garanzia bancaria del 17 settembre 2009), pena la risoluzione del contratto e la richiesta di risarcimento del danno; in tal modo il giudice d’appello ha violato l’art. 64 della convenzione di Vienna, direttamente applicabile alla vendita in esame in virtù del richiamo contenuto nelle condizioni generali del contratto.
Il motivo è fondato. La Corte d’appello ha seguito il seguente ragionamento:
- non essendo condivisibile l’interpretazione data dal Tribunale della clausola di garanzia del credito di cui al punto 5.5 delle condizioni generali del contratto giacché contraria non soltanto alla buona fede contrattuale, ma altresì agli usi commerciali internazionali, la garanzia bancaria doveva essere disposta al più tardi contestualmente al pagamento tramite bonifico;
- ciò non comportava però l’accoglimento della domanda di risoluzione della società croata in quanto, quando poi giunse la fideiussione bancaria, Impulscommerce non pagò, così che l’inadempimento di Valente fu solo temporaneo, a differenza di quello definitivo di Impulscommerce, che mai dispose il pagamento;
- al grave inadempimento della società croata non è tuttavia seguita alcuna intimazione di 11 Valente, la cui diffida del 2 novembre 2009 si riferisce «unicamente alla mancata corresponsione di somme già dovute prima della fideiussione», così individuando «l’inadempimento nel mancato pagamento delle rate del prezzo nell’attesa dell’advance payment bond», mentre l’inadempimento vi è stato col mancato pagamento successivo alla prestazione di garanzia bancaria; con impossibilità pertanto di dichiarare la risoluzione del con- tratto per inadempimento di Impulscommerce.

È l’ultima parte del ragionamento della Corte che la ricorrente censura. Una volta affermato il «grave» e «definitivo» inadempimento della società Impulscommerce e considerato che Valente aveva assegnato un termine alla controparte per adempiere, il giudice d’appello, in base all’art. 64 della convenzione di Vienna, non poteva rifiutarsi di dichiarare l’avvenuta risoluzione del contratto.
La convenzione di Vienna sulla vendita internazionale di merci (conosciuta con l’acronimo 13 CISG) prevede la risoluzione come strumento unilaterale con cui la parte pone fine al contratto mediante la sua mera dichiarazione. La convenzione prevede le due diverse situazioni in cui inadempiente sia il venditore (art. 49) e in cui inadempiente sia il compratore (art. 64). Requisito centrale per la dichiarazione di risoluzione da parte del venditore (art. 64) è che l’inadempimento degli obblighi del contratto costituisca un’inosservanza essenziale del contratto, che l’art. 25 definisce come l’inosservanza che «causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di ciò che questa era in diritto di attendersi dal contratto»; per essere efficace la dichiarazione di risoluzione deve essere comunicata all’altra parte (art. 26), atto unilaterale che secondo la giurisprudenza in materia può effettuarsi in qualsiasi forma, anche oralmente.
Nel caso in esame la valutazione di gravità dell’inadempimento è stata effettuata dalla Corte 14 d’appello, che – come si è visto supra – ha affermato la gravità e definitività dell’inadempimento rispetto al mancato pagamento del prezzo (circa il quale la venditrice ha anche concesso un termine supplementare di durata ragionevole, come prevede l’art. 63 CISG), così che deve ritenersi accertata l’inosservanza essenziale del contratto di cui all’art. 64 CISG. Valente inoltre espone di aver dichiarato in data 20 luglio 2010 la risoluzione del contratto «ai sensi e per gli effetti degli artt. 61 e ss. della convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili» (v. p. 4 del ricorso).
Il contratto, una volta comunicata la risoluzione ai sensi dell’art. 26 CISG, doveva quindi ritenersi risolto ai sensi dell’art. 64 della convenzione di Vienna.
b) L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo che, per le stesse ragioni, denuncia «violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto con riferimento all’art. 1453 c.c., applicabile in via sussidiaria alla fattispecie in esame rispetto alle previsioni della convenzione di Vienna in virtù del richiamo previsto nel contratto».
II. Il ricorso va quindi accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata alla Corte d’appello di Venezia, che deciderà la causa attenendosi all’interpretazione dell’art. 64 della convenzione di Vienna sopra operata; il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese 18 del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale della sezione seconda civile, in data 14 febbraio 2020.}}

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