Data

Date:
10-10-2005
Country:
Switzerland
Number:
4P.146/2005/biz
Court:
Schweizerisches Bundesgericht
Parties:
--

Keywords

LACK OF CONFORMITY OF GOODS - EXISTENCE OF LACK OF CONFORMITY - GOODS NOT FIT FOR ORDINARY USE (ART. 35(2)(A) CISG)

NOTICE OF LACK OF CONFORMITY - TIME OF NOTICE - TWO-YEAR CUT-OFF PERIOD (ART. 39(2) CISG)

LENGTH OF TIME-LIMIT FOR NOTICE OF LACK OF CONFORMITY - NOT SIGNIFICANT FOR AVOIDANCE OF ARBITRAL AWARD ON THE GROUND OF INFRINGEMENT OF PUBLIC ORDER.

Abstract

In January 2002, an Italian company (Plaintiff) and a Scottish company (Defendant) entered into an agreement whereby the latter agreed, inter alia, to buy a certain number of pocket ash-trays from the former over the year. Since delivery of the goods was dependent upon the issue of a bank guarantee, a couple of months later the parties concluded a new agremeent involving another Italian company (distributor of Defendant’s products in Italy) which acted as guarantor. Subsequently, Plaintiff delivered to both Defendant and its distributor a certain number of items, which turned out to be defective and dangerous due to the excessive sharpness of the blades. Upon notice of the defects by Defendant, Plaintiff replaced all the blades; yet the subsequent sale of the goods was seriously prejudiced by their bad reputation on account of their dangerousness. Then the buyer filed a motion for arbitral proceedings claiming damages before the Chamber of Commerce, Industry and Handicraft of Canton Ticino which had jurisdiction over the case pursuant to a forum selection clause agreed upon by the parties.

The Arbitral Tribunal ordered Plaintiff to pay damages in favour of Defendant. In reaching this conclusion it found that the two agreements entered into by the parties resulted in a sole sales contract to which CISG was applicable (Art. 1(1)(a)) and that the first delivery of the goods amounted to a breach of contract by Plaintiff since the pocket ash-trays had turned out to be unsuitable for ordinary use (Arts. 35, 49 CISG).

Plaintiff appealed and requested the Swiss Supreme Court to declare avoidance of the arbitral award on the ground of infringement of Swiss public order. Plaintiff argued, inter alia, that since the sales contract between the parties could not be deemed international and the parties had expressly chosen Swiss law as the law governing the contract, by applying CISG and the two-years cut-off period set forth in its Art. 39(2) for notice of lack of conformity (in contrast with the shorter period provided by Swiss law) the Arbitral Tribunal had violated public order and the pacta sunt servanda principle.

Plaintiff's claim was dismissed. In doing so, the Swiss Supreme Court found that Plaintiff’s contention as to the international nature of the sales contract was untimely, while the Arbitral Tribunal had correctly considered as valid and binding the choice-of-law clause; consequently, the pacta sunt servanda principle had not been violated. Nor would a different solution by the Supreme Court with respect to the meaning of the choice-of-law clause and, as a result, to the length of the time-limit for notice of lack of conformity have amounted to an infringement of public order as, in order for this to happen, fundamental principles of Swiss legal system have to be violated.

Fulltext

A) Il 26 gennaio 2002 l'italiana A.Srl e la scozzese B.Ltd, rappresentata dalla succursale di Lugano, hanno concluso un accordo di commercializzazione relativo all'articolo denominato "Y.", un posacenere tascabile.
A a) Mediante tale accordo B.Ltd si è impegnata, fra l'altro, ad acquistare nel corso del 2002 10'000 esemplari del prodotto Y. al prezzo unitario di Euro 15.50. Con riferimento alle modalità di pagamento le parti hanno convenuto un termine di tre mesi dalla data della prima consegna e un termine di sei mesi dalla seconda. La consegna del prodotto era inoltre subordinata al rilascio di una fideiussione bancaria o di una garanzia bancaria per il periodo di pagamento in questione. Per questo motivo, il 20 marzo 2002 le parti hanno concluso una nuova pattuizione, nella quale hanno coinvolto anche la società D.Srl di Milano, distributore per l'Italia di B.Ltd, che si è impegnata a rilasciare una fideiussione a garanzia del pagamento delle forniture effettuate da A.Srl. Una volta ottenuta la predetta garanzia, di Euro 75'000.--, il 31 maggio 2002 A.Srl ha inviato a B.Ltd una fattura per 8'000 esemplari del Y., rimasti in deposito presso i suoi magazzini, per un importo totale di Euro 124'000.--. Contemporaneamente ha fatto recapitare a D.Srl 2'000 esemplari del medesimo prodotto, per Euro 31'000.--.
A b) Il 4 luglio 2002 E., presidente di B.Ltd, ha segnalato a G.A.i problemi riscontrati nei Y. consegnati, concernenti in particolare il bilanciamento del blocchetto poggiasigaro e la lamina metallica utilizzata quale posacenere, rivelatasi eccessivamente tagliente. Con scritto del giorno seguente B.Ltd ha formalmente denunciato ad A.Srl i vizi di conformità da essa constatati, comunicando nel contempo il blocco di tutti i pagamenti relativi alle forniture e invitando A.Srl a sostituire l'intera produzione. Quest'ultima ha reagito rimpiazzando tutte le lamine metalliche, tra luglio e settembre 2002.
A c) Malgrado la sostituzione delle lamine e il miglioramento della qualità del prodotto, confermato in occasione del controllo di qualità effettuato il 18 ottobre 2002 alla presenza delle parti, il Y. non ha conosciuto il successo sperato a causa della sua reputazione di pericolosità. B.Ltd e D.Srl hanno pertanto deciso di interrompere la vendita e, a partire dal 19 giugno 2003, hanno depositato gli articoli invenduti presso il punto franco di Stabio.
A d) Da questo momento in poi la relazione fra le parti si è degradata insanabilmente. D'un canto A.Srl esigeva il pagamento del prezzo di tutti i Y. prodotti per B.Ltd. Dall'altro B.Ltd pretendeva il risarcimento del danno patito a causa dei difetti riscontrati nel Y. - che non si è limitato alla mancata vendita di tale prodotto, bensì avrebbe avuto gravissime ripercussioni sulla sua cifra d'affari globale - e la consegna delle royalties pattuite contrattualmente per la vendita diretta del Y. da parte della A. Srl.
B) Conformemente a quanto convenuto nella clausola compromissoria inserita nell'accordo di commercializzazione del 26 gennaio 2002, il 29 aprile 2004 B.Ltd ha depositato domanda d'arbitrato presso la Camera di Commercio dell'Industria e dell'Artigianato del Cantone Ticino (CCIA-TI). Nella risposta del 17 giugno 2004 A.Srl ha accettato di sottoporre la vertenza ad un arbitro unico, che è stato nominato dalla CCIA-TI il 15 luglio seguente, nella persona dell'avv. C. In occasione dell'incontro svoltosi il 28 luglio 2004 le parti e l'arbitro hanno sottoscritto l'Atto di missione, nel quale sono stati regolati i seguenti punti: I. Competenza dell'arbitrio unico; II. Sede dell'arbitrato; III. Lingua dell'arbitrato; IV: Legge applicabile, V. Regole del procedimento.
C) Il 20 settembre 2004 B.Ltd ha quindi inoltrato la propria memoria di domanda, con la quale ha chiesto la condanna della A.Srl al pagamento di "fr. 831'431.58 a titolo di risarcimento del danno occorsole dall'inadempimento del contratto di compravendita di data 26 gennaio 2002". Questo importo è poi stato ridefinito in fr. 1'095'043.60 con la memoria conclusionale supplementare del 4 febbraio 2005. A.Srl ha integralmente avversato le pretese di B.Ltd. In parziale accoglimento delle richieste di B.Ltd, nel lodo pronunciato il 28 aprile 2005 l'arbitro unico ha condannato A.Srl al pagamento di fr. 347'213.25. Premesso che la compravendita dei 10'000 (8'000 + 2'000) Y. costituiva un'unica operazione commerciale fra le parti in causa - e non due separate (l'una con B.Ltd e l'altra con D.Srl) come sostenuto dalla A.Srl - l'arbitro ha in primo luogo esaminato l'azione di garanzia per vizi di conformità introdotta dall'attrice. Posta l'applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionali di merci conclusa a Vienna l'11 aprile 1980 (CISG; RS 0.221.211.1) e respinta l'eccezione di prescrizione sollevata dalla A.Srl, l'arbitro ha stabilito che la prima fornitura delle lamine del Y. comportava effettivamente un vizio di conformità, visto che la sua pericolosità la rendeva inadatta all'uso cui era destinata, ragione per cui - pur ammettendo che la seconda fornitura era invece conforme al contratto - ha accolto la domanda tendente al risarcimento della perdita di guadagno cagionata dall'annullamento di ordinazioni per 9'000 pezzi, riconducibile appunto alla reputazione di pericolosità del Y., per complessivi fr. 346'500.--. Dopodiché, sulla scorta dell'art. 2 dell'accordo di commercializzazione del 26 gennaio 2002, l'arbitro ha riconosciuto a B.Ltd fr. 713.35 a titolo di royalties per i 142 Y. venduti direttamente da A.Srl. Visto l'esito della causa, le spese d'arbitrato sono state poste a carico delle parti in ragione di metà ciascuno, compensate le ripetibili.
D) Il 30 maggio 2005 A.Srl ha presentato un ricorso di diritto pubblico al Tribunale federale giusta l'art. 85 lett. c OG, con il quale ha postulato - previa concessione dell'effetto sospensivo - l'annullamento del predetto lodo per violazione dell'art. 190 cpv. 2 LDIP. Nelle rispettive osservazioni del 24 giugno e 5 luglio 2005 sia l'arbitro unico che B.Ltd hanno proposto la reiezione del gravame. L'istanza volta al conferimento dell'effetto sospensivo è stata respinta il 15 luglio 2005.

Diritto:

(...)

4.) Richiamandosi all'art. 190 cpv. 2 lett. a LDIP, in ingresso al proprio gravame la ricorrente esprime dei dubbi sull'indipendenza dell'arbitro unico avv. C., siccome attiva presso un importante studio legale ticinese, che potrebbe aver assunto mandati di rappresentanza da parte del signor E., di persone giuridiche a lui in qualche modo riconducibili o di sua moglie, di professione avvocato. Le sue riserve troverebbero conferma - prosegue la ricorrente - nel rifiuto dell'arbitro di rispondere alle richieste da lei formulate nella lettera del 25 maggio 2005 in ordine ad eventuali conflitti d'interesse. A prescindere da quanto appena esposto, la ricorrente afferma inoltre che in ogni caso l'arbitro si sarebbe dichiarato a torto competente (art. 190 cpv. 2 lett. b LDIP), la giurisdizione svizzera non essendo sorretta da alcuna valida clausola compromissoria. Nell'ambito dell'accordo concluso il 20 marzo 2002, le parti, unitamente alla D.Srl, hanno infatti concordato il foro di Milano, annullando così la precedente pattuizione. Nulla muta, sempre secondo la ricorrente, il fatto che il 26 aprile 2004 D.Srl abbia ceduto tutte le sue pretese all'opponente.
4.1) Nelle rispettive osservazioni sia l'opponente che l'arbitro hanno chiesto di dichiarare tardivi gli argomenti della ricorrente in quanto sollevati per la prima volta innanzi al Tribunale federale. L'opponente ha inoltre tacciato queste censure di temerarietà, chiedendo al Tribunale federale di tenerne conto in sede di attribuzione delle ripetibili.
4.2) Per quanto concerne la ricusa dell'arbitro, l'art. 180 cpv. 2 LDIP stabilisce che "Una parte può ricusare un arbitro da lei nominato, o alla cui nomina ha partecipato, soltanto per cause di cui è venuta a conoscenza dopo la nomina. La causa di ricusa dev'essere comunicata senza indugio al tribunale arbitrale e all'altra parte". Con riferimento alla competenza, l'art. 186 cpv. 2 LDIP prevede inoltre che "L'eccezione d'incompetenza dev'essere proposta prima di qualsiasi atto difensivo nel merito." Queste norme codificano la costante giurisprudenza del Tribunale federale, per cui le questioni concernenti l'organizzazione del tribunale vanno decise il più presto possibile nella procedura (DTF 130 III 66 consid. 4.3 pag. 75 con rinvii). Tale principio trova riscontro anche nell'art. 190 cpv. 3 LDIP, giusta il quale le decisioni pregiudiziali del tribunale arbitrale in merito alla sua nomina, composizione e competenza (cfr. art. 190 cpv. 2 lett. a e b OG) non solo possono ma anzi devono essere impugnate immediatamente dinanzi al Tribunale federale, pena la perenzione delle relative eccezioni (DTF citato; Bernard Corboz, op. cit., pag. 13 e 18). Il principio della buona fede obbliga infatti la parte che constata un vizio di procedura a segnalarlo subito, in un momento ove sia ancora possibile rimediarvi, e le vieta di attendere passivamente l'esito della causa, allo scopo di prevalersene - se del caso - successivamente dinanzi all'autorità di ricorso (DTF 119 II 386 consid. 1a).
4.3) Da quanto appena esposto discende che nel quadro della procedura di ricorso la parte può, di principio, far valere soltanto i motivi di ricusa di cui è venuta a conoscenza dopo l'emanazione del lodo (DTF 126 III 249 consid. 3c pag. 253 seg.). In concreto, si osserva che la ricorrente ha accettato senza nulla eccepire - nemmeno all'incontro svoltosi il 28 luglio 2004, quando è stato redatto l'atto di missione - la nomina dell'avv. C., la quale, prima ancora di essere formalmente designata, aveva peraltro allestito una dichiarazione d'indipendenza regolarmente notificata alle parti. Le perplessità in merito all'indipendenza dell'arbitro sono state espresse per la prima volta nello scritto del 25 maggio 2005, dopo la pronunzia del lodo, senza che siano stati però menzionati motivi concreti, di cui la ricorrente sarebbe venuta a conoscenza solo a quel momento, suscettibili di giustificare dubbi in merito all'idoneità dell'avv. C. a svolgere il compito affidatole. A tal scopo non basta, evidentemente, l'evocazione astratta della possibilità che un suo collega abbia assunto un mandato in qualche modo connesso con l'opponente, basata unicamente sul fatto che lo studio legale presso il quale l'avvocata svolge la sua attività è un "importante studio legale ticinese". I dubbi sull'indipendenza dell'autorità arbitrale devono infatti basarsi su fatti oggettivi, atti a indurre anche un osservatore ragionevole a nutrire delle incertezze quo all'imparzialità dell'arbitro (cfr. DTF 129 III 445 consid. 4.2.2.2 pag. 466). Le circostanze addotte dalla ricorrente non soddisfano questo requisito.
4.4) La censura relativa all'incompetenza dell'arbitro, formulata anch'essa per la prima volta in questa sede, non ha miglior fortuna. Essa poggia sulla tesi per cui la clausola compromissoria contenuta nell'accordo del 26 gennaio 2002 sarebbe stata superata dal contratto stipulato il 20 marzo 2002 dalle medesime parti. A prescindere dalla pertinenza di questa affermazione, nulla impediva alla ricorrente - la quale, d'altro canto, non pretende il contrario - di proporla già nell'ambito del procedimento arbitrale. Non solo non lo ha fatto, ma il 28 luglio 2004 ha sottoscritto l'atto di missione, nel quale è stato esplicitamente pattuito che il luogo dell'arbitrato era Lugano. Proposta per la prima dinanzi al Tribunale federale e dunque tardivamente, l'eccezione d'incompetenza risulta perenta (cfr. quanto esposto al consid. 4.2).
5.) La ricorrente rimprovera quindi all'arbitro una prima violazione "dell'ordine pubblico procedurale, se non addirittura materiale" (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP) per aver riconosciuto capacità processuale alla succursale, scontrandosi così con i più elementari principi che reggono il processo in Svizzera. L'arbitro avrebbe inoltre oltrepassato i limiti delle domande sottopostegli (art. 190 cpv. 2 lett. c OG) pronunciando la condanna di pagamento a favore di B.Ltd (sede principale) quando invece l'opponente ha sempre chiesto che il risarcimento venisse versato alla succursale di Lugano.
5.1) Con riferimento all'incapacità della succursale a stare in giudizio, sia l'opponente che l'arbitro, dopo aver osservato che anche questo argomento, come i precedenti, non è mai stato enunciato prima, hanno in sostanza dichiarato che la succursale ha agito quale rappresentante della società principale, nonostante l'indicazione imprecisa negli atti di causa. L'omissione dell'indicazione "succursale di Lugano" nella pronuncia di condanna è stata definita sia dall'arbitro che dall'opponente come una semplice inavvertenza e non un caso di decisione ultra petita partium.
5.2) L'ordine pubblico procedurale - che rispetto alle garanzie enunciate in maniera più precisa all'art. 190 cpv. 2 lett. a-d LDIP ha natura generale e sussidiaria (DTF 126 III 249 consid. 3b pag. 253) - garantisce alle parti il diritto ad un giudizio indipendente sulle domande e sui fatti sottoposti al tribunale, in conformità con la procedura applicabile. Esso è violato qualora vengano disattesi, in modo inconciliabile con il sentimento di giustizia e con i valori di uno stato di diritto, principi fondamentali generalmente riconosciuti (DTF 128 III 191 consid. 4a).
5.2.1) Trattandosi di una questione procedurale, essa va fatta valere immediatamente (cfr. quanto già esposto al consid. 4.2). Il Tribunale federale ha tuttavia già ammesso la possibilità di fare un'eccezione in caso di vizi particolarmente gravi, cui è necessario porre rimedio d'ufficio e in ogni stadio della causa. Fra questi il difetto di personalità giuridica e della capacità di essere parte in un procedimento giudiziario, perché altrimenti ci si troverebbe nella situazione di dover riconoscere la qualità di parte a un'entità giuridicamente inesistente (DTF 128 III 191 consid. 8 non pubblicato). Anche se presentata per la prima volta in questa sede, la censura è pertanto ammissibile. Essa è però destinata all'insuccesso.
5.2.2) Nel diritto svizzero - applicabile alla succursale in Svizzera di una società straniera (art. 160 cpv. 1 LDIP) - la succursale, nonostante l'autonomia di cui dispone, è effettivamente priva di esistenza giuridica e non ha la capacità di essere parte. La giurisprudenza le concede però la possibilità di intervenire in una procedura giudiziaria in nome della società principale, in virtù di un potere di rappresentanza speciale (DTF 130 III 58 consid. 1.2 non pubblicato). Nella DTF 120 III 11 consid. 1b, concernente una procedura esecutiva nella quale la succursale era stata indicata come creditrice, il Tribunale federale ha stabilito che se nell'ambito di un esecuzione viene attribuita alla succursale la qualità di creditrice o di debitrice - mentre in realtà solo la società alla quale appartiene è parte - vi è, di massima, solo indicazione errata di una parte e questo vizio è sanato se l'altra parte non ha motivi per dubitare dell'identità della persona in causa e non è lesa nei propri interessi. Questa giurisprudenza può essere applicata, per analogia, anche ad un procedimento giudiziario o arbitrale.
5.2.3) In concreto, nonostante il fatto che negli atti di causa la parte attrice si sia sempre designata come "B.Ltd, succursale di Lugano", senza precisare ch'essa agiva quale rappresentante della società principale, la ricorrente non risulta aver mai dubitato dell'identità della controparte, prova ne sia il fatto che tale questione è stata sollevata per la prima volta dinanzi al Tribunale federale. Va inoltre rilevata la presenza agli atti della procura firmata da F., membro dell'organo direttivo della società principale e direttore della succursale di Lugano con diritto di firma individuale. In queste circostanze, la decisione dell'arbitro di ritenere che la succursale agisse quale legittima rappresentante della società principale, malgrado l'indicazione imprecisa, appare sostenibile.
5.3) Le predette considerazioni rendono inconferente anche l'affermazione per cui l'arbitro avrebbe statuito ultra petita (art. 190 cpv. 2 lett. c LDIP) accordando, nel dispositivo, il risarcimento alla "parte attrice", senza specificare se con essa s'intendeva la succursale o la società principale. Si trattava chiaramente della società principale, rappresentata in causa dalla succursale svizzera. Nella misura in cui, sempre a questo riguardo, la ricorrente si prevale della violazione dell'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP, ovverosia del principio della parità di trattamento e del diritto di essere sentito, la sua censura si avvera infine inammissibile siccome non motivata conformemente ai requisiti posti dall'art. 90 cpv. 1 lett. b OG.
6.) Venendo al merito del lodo impugnato, con il quale è stato riconosciuto il diritto dell'opponente al pagamento di fr. 346'500.-- a titolo di risarcimento danni, la ricorrente rimprovera all'arbitro di aver violato l'art. 190 cpv. 2 LDIP sotto diversi aspetti. Gli argomenti della ricorrente poggiano perlopiù sulla tesi che nel marzo 2002 D.Srl fosse divenuta titolare di tutti i diritti connessi all'accordo di commercializzazione del 26 gennaio 2002, che ha poi retrocesso il 26 aprile 2004 a B.Ltd, giusto prima dell'avvio del procedimento arbitrale. Sennonché la fattispecie riportata nel lodo impugnato è ben diversa. Prima di proseguire nell'esame del ricorso appare dunque opportuno rammentare brevemente la controversia relativa al ruolo svolto da tale società nell'intera vicenda ed esporre le conclusioni dell'arbitro a questo riguardo.
6.1) D.Srl è stata coinvolta nell'operazione di commercializzazione del Y. il 20 marzo 2002, quando ha assunto l'obbligo di garantire il pagamento delle forniture effettuate dalla ricorrente e a tal scopo ha rilasciato una fideiussione di Euro 75'000.--. Distributore per l'Italia dell'opponente, essa ha inoltre direttamente preso in consegna 2'000 Y. È stato pure accertato che, onde ottenere da D.Srl il pagamento del saldo del prezzo dei 10'000 Y., nel giugno 2003 la ricorrente ha adito le vie giudiziarie italiane con un "ricorso per decreto ingiuntivo" cui D.Srl non ha fatto opposizione. Infine, il 26 aprile 2004 D.Srl ha ceduto a B.Ltd tutti i suoi diritti nei confronti della ricorrente.
6.2) Dinanzi all'arbitro la ricorrente ha negato che D.Srl sia intervenuta unicamente quale garante. Essa ha asseverato l'esistenza di due contratti di compravendita distinti: l'uno avente per oggetto la vendita di 8'000 Y. a B.Ltd, l'altro la vendita di 2'000 Y. a D.Srl. Sostenendo che i problemi alle lamine si sarebbero verificati unicamente nei pezzi consegnati a D.Srl, la ricorrente ha riconosciuto solo a quest'ultima il diritto, di principio, di prevalersi della garanzia per difetti; concretamente, però, tale diritto le sarebbe precluso dalla rinuncia a sollevare eccezioni da lei sottoscritta il 18/19 novembre 2002. Ciò significava, secondo la ricorrente, che le richieste di B.Ltd, fondate sulla cessione del 26 aprile 2004, avrebbero dovuto in ogni caso essere respinte: in primo luogo in considerazione della transazione intervenuta il 18/19 novembre 2002; secondariamente perché la relazione fra lei e D.Srl sarebbe stata definitivamente regolata mediante il ricorso per decreto ingiuntivo, passato in giudicato.
6.3) L'argomentazione della ricorrente non ha trovato alcun seguito nel lodo impugnato. In accordo con quanto sostenuto dall'opponente, l'arbitro è infatti giunto alla conclusione che la compravendita dei 10'000 Y. costituiva un'unica operazione commerciale fra B.Ltd e A.Srl; il fatto che 8'000 pezzi fossero rimasti in deposito presso la ricorrente e 2'000 consegnati a D.Srl configurava una modalità di consegna. L'unica titolare dei diritti derivanti dall'accordo di commercializzazione del 26 gennaio 2002 era pertanto la B.Ltd e il ruolo di D.Srl - ha precisato l'arbitro - si è limitato alla prestazione della garanzia di pagamento. Di conseguenza, ha concluso l'arbitro, sia la procedura giudiziaria in Italia che la cessione dei diritti di D.Srl, avvenuta il 26 aprile 2004, potevano riguardare solo la questione della garanzia di pagamento e le eventuali dichiarazioni formulate da D.Srl il 18/19 novembre 2002 non potevano in nessuno modo pregiudicare i diritti di garanzia di B.Ltd.
6.4) Per i motivi spiegati al consid. 3 questa decisione non può venir riesaminata nel merito. Essa potrebbe venir semmai annullata se emanata in violazione di una delle garanzie formali enunciate dall'art. 190 cpv. 2 lett. a-d LDIP o incompatibile con l'ordine pubblico (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP), ciò che però non è il caso, come esposto nei successivi considerandi.
7.) La prima censura riguarda l'asserita violazione dell'ordine pubblico materiale in relazione alla decisione di ammettere l'applicabilità della CISG e di prolungare il termine di prescrizione a due anni, come previsto dall'art. 39 CISG.
7.1) Secondo la ricorrente non vi sarebbe nessun contratto internazionale di compravendita. L'arbitro avrebbe infatti omesso di tenere nella debita considerazione il fatto che l'opponente agiva quale cessionaria delle pretese della società D.Srl, anch'essa - come la ricorrente - insediata in Italia, e che la cessione del 26 aprile 2004 altro non era che un espediente messo in atto poco prima dell'avvio della procedura arbitrale per ottenere l'applicazione della convenzione internazionale. Ammettendo l'applicazione della CISG alla fattispecie, l'arbitro avrebbe tutelato un abuso di diritto e, di conseguenza, violato l'ordine pubblico materiale. Questa tesi, oltre a fondarsi su circostanze diverse da quelle ritenute nel lodo impugnato - non avendo B.Ltd mai preteso di agire (solo) in qualità di cessionaria di D.Srl - viene proposta per la prima volta dinanzi al Tribunale federale, nonostante gli elementi addotti fossero già noti al momento dell'introduzione del procedimento arbitrale. In sede arbitrale la ricorrente non si era richiamata alla cessione per negare l'applicabilità della CISG bensì al fatto che, a suo dire, la sede d'affari dell'opponente si trovava in realtà in Italia. Non sussistendo uno dei motivi suscettibili di derogare, eccezionalmente, al divieto di nova vigente nel ricorso di diritto pubblico (DTF 128 I 354 consid. 6), peraltro nemmeno allegato (cfr. quanto esposto al consid. 3.2), la censura va dichiarata inammissibile.
7.2) Nella denegata ipotesi in cui dovesse tornare applicabile la CISG, la ricorrente contesta la decisione sulla prescrizione. Dopo aver rilevato la contraddizione esistente fra il termine di prescrizione annuale posto dall'art. 210 CO e il termine di perenzione biennale stabilito dall'art. 39 CISG, l'arbitro - richiamandosi anche ad una sentenza della Corte di giustizia di Ginevra - ha deciso di prolungare a due anni il termine di prescrizione. Secondo la ricorrente questa decisione sarebbe lesiva dell'ordine pubblico materiale (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP) siccome in contrasto con il principio pacta sunt servanda e quello della buona fede e dell'affidamento, poiché non tiene conto del fatto che le parti avevano concordato l'applicazione del diritto svizzero e quindi dell'art. 210 CO. Omettendo di concederle la possibilità di esprimersi sulla questione l'arbitro avrebbe inoltre violato il suo diritto di essere sentito, garantito dall'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP.
7.2.1) Già si è detto che per ammettere l'incompatibilità di una decisione con l'ordine pubblico materiale non basta un apprezzamento delle prove sbagliato, un accertamento di fatto manifestamente errato, o la violazione di una norma di diritto applicabile. Una decisione risulta contraria all'ordine pubblico materiale quando - e ciò sia nella motivazione che nell'esito - viola principi giuridici fondamentali, al punto da non risultare più compatibile con l'ordinamento giuridico e il sistema di valori determinanti (DTF 126 III 534 consid. 2c; 125 III 443 consid. 3d). Fra i principi tutelati vi è effettivamente quello della lealtà contrattuale (pacta sunt servanda; cfr. riepilogo della giurisprudenza nella sentenza non pubblicata dell'8 aprile 2005, causa 4P.253/2004 consid. 3.1; DTF 128 III 191 consid. 6b; 120 II 155 consid. 6a pag. 167). Nel caso in rassegna il richiamo a questo principio non è però pertinente. Esso viene disatteso quando l'arbitro rifiuta di applicare una clausola contrattuale dopo averne ammesso il carattere vincolante, oppure, al contrario, quando impone alle parti il rispetto di una clausola che ha dichiarato inapplicabile (cfr. sentenza non pubblicata dell'8 aprile 2005 nella causa 4P.253/2004 consid. 3.1; DTF 120 II 155 consid. 6c/cc pag. 171; Bernard Corboz, op. cit., pag. 27). In concreto questa situazione non si è verificata, avendo l'arbitro ammesso il carattere vincolante della clausola concernente la scelta del diritto svizzero, che ha poi applicato come riteneva giusto. In realtà, la ricorrente intende chiedere - inammissibilmente -al Tribunale federale di riesaminare la portata attribuita dall'arbitro alla predetta clausola, onde ottenere una diversa decisione sulla prescrizione, dimenticando che, quand'anche la conclusione dell'arbitro dovesse rivelarsi sbagliata, essa non violerebbe comunque l'ordine pubblico, poiché la prescrizione non è tutelata dall'art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP (cfr. sentenza non pubblicata del 13 marzo 1992 nella causa 4P.221/1991 consid. 2b).
7.2.2) Assolutamente priva di fondamento è poi la censura relativa alla violazione del diritto di essere sentito (art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP). In una recente sentenza (DTF 130 III 35) il Tribunale federale ha ammesso la violazione di tale principio perché l'analisi giuridica del tribunale arbitrale era fondata su di una disposizione contrattuale che nessuna delle parti aveva ritenuto determinante e che, per questo motivo, non era mai stata discussa. Il caso qui in esame differisce sostanzialmente da quello appena menzionato, dato che - contrariamente a quanto asserito nello scritto sottoposto al Tribunale federale - dalla lettura del lodo impugnato emerge che la ricorrente ha potuto esprimersi sia sul tema della prescrizione che sulle norme rilevanti.
8.) Il ricorso va respinto anche laddove all'arbitro viene rimproverato di aver statuito ultra petita (art. 190 cpv. 2 lett. c LDIP) pronunciandosi su un rapporto giuridico, quello fra B.Ltd e A.Srl diverso da quello inizialmente sottoposto al suo giudizio, ovvero quello fra D.Srl e A.Srl. Ancora una volta la ricorrente mira - inammissibilmente - ad ottenere il riesame del lodo impugnato. Come già esposto al consid. 6.2, alle pretese avanzate da B.Ltd - a titolo personale e quale cessionaria di D.Srl - la ricorrente aveva opposto la tesi per cui vi sarebbero stati due contratti di compravendita, uno solo dei quali, ovverosia quello con D.Srl, avrebbe presentato dei problemi in relazione alla qualità dei prodotti forniti. Questa tesi è stata esaminata e respinta dall'arbitro, che è giunto alla conclusione che vi era un unico accordo e che titolare dei diritti di garanzia era solamente la B.Ltd La decisione di riconoscere a questa società il diritto al risarcimento non va quindi ultrapetita (sui casi in cui una violazione dell' art. 190 cpv. 2 lett. c LDIP può entrare in linea di conto cfr. Bernard Corboz, op. cit., pag. 20).
9.) La ricorrente rimprovera all'arbitro un'ulteriore violazione dell'ordine pubblico materiale (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP) nella forma del principio della fedeltà contrattuale e della buona fede per non aver tenuto conto dell'accordo transattivo da lei raggiunto con D.Srl il 18/19 novembre 2002. In quanto cessionaria della società italiana, questo accordo poteva e doveva venir imputato all'opponente. Anche in questo caso la censura si basa su di una fattispecie diversa da quella contenuta nel lodo impugnato e il richiamo al principio pacta sunt servanda (cfr. consid. 7.2.1) è fuori luogo. La ricorrente non adduce alcun elemento idoneo a dimostrare che la decisione dell'arbitro - per la quale l'eccezione di transazione va già respinta perché il documento su cui essa si fonda non è stato firmato dal titolare dei diritti di garanzia derivanti dall'art. 45 CISG, ovverosia l'opponente - violerebbe l'ordine pubblico materiale nel senso dell'art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP. Il ricorso deve pertanto venire dichiarato inammissibile anche su questo punto.
10.) Ad analoga conclusione si deve giungere con riferimento all'asserita violazione dell'ordine pubblico procedurale (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP), per non aver tenuto in considerazione il ricorso per decreto ingiuntivo divenuto esecutivo il 13 novembre 2003. L'arbitro ha infatti respinto l'eccezione di res iudicata perché tale procedura concerneva parti differenti da quelle coinvolte nel presente procedimento e, in ogni caso, la stessa non aveva per oggetto le pretese derivanti dai difetti degli oggetti venduti, di spettanza della B.Ltd. La ricorrente non prende posizione in maniera chiara e completa sull'argomentazione dell'arbitro, in modo da sostanziare l'asserita violazione dell'ordine pubblico procedurale, bensì ripropone apoditticamente la tesi per cui B.Ltd agiva quale cessionaria di D.Srl.
11.) Da ultimo vanno disattese anche le critiche concernenti la decisione sull'ammontare del danno, ovvero l'asserita violazione dell'ordine pubblico materiale per aver riconosciuto il danno nonostante l'assenza di sufficienti prove (consid. 11.1) e la violazione del diritto di essere sentito per non aver motivato in maniera adeguata la sua decisione (consid. 11.2). Ambedue gli argomenti si avverano inammissibili.
11.1) Giovi ripeterlo, per ammettere l'incompatibilità di una decisione con l'ordine pubblico materiale (art. 190 cpv. 2 lett. e LDIP) non basta un apprezzamento delle prove sbagliato, un accertamento di fatto manifestamente errato; occorre che siano stati urtati in maniera scioccante i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico. In concreto la ricorrente si limita a ridiscutere, inammissibilmente, l'apprezzamento probatorio come se il Tribunale federale fosse un'autorità superiore di appello.
11.2) Nella misura in cui si prevale della violazione del diritto di essere sentito nella forma del diritto ad una decisione motivata, la ricorrente misconosce infine la portata della garanzia concessa dall'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP. Secondo costante giurisprudenza il diritto di essere sentito ai sensi di questa norma non comprende infatti l'obbligo di motivazione (DTF 127 III 576 consid. 2c). Per il resto si può osservare ch'essa ha avuto la possibilità di esprimersi sia sul tema del danno che del suo ammontare, sicché una violazione del diritto di essere sentito giusta l'art. 190 cpv. 2 lett. d LDIP non entra in linea di conto.
12.) In conclusione, nella limitata misura in cui è ammissibile il ricorso dev'essere respinto siccome privo di fondamento. Gli oneri processuali e le ripetibili seguono la soccombenza (art. 156 cpv. 1 e 159 cpv. 1 e 2 OG). Nonostante il carattere pretestuoso di alcune delle censure sollevate in questa sede non si ravvedono gli estremi per dichiarare il ricorso temerario e adottare sanzioni disciplinari (art. 31 cpv. 2 OG), come richiesto dall'opponente. Per questi motivi, il Tribunale federale pronuncia:
1. Nella misura in cui è ammissibile, il ricorso è respinto.
2. La tassa di giustizia di fr. 8'000.-- è posta a carico della ricorrente, la quale rifonderà all'opponente fr. 9'000.-- per ripetibili della sede federale.
3. Comunicazione ai patrocinatori delle parti e all'arbitro unico.}}

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Original in Italian:
- available at the Swiss Supreme Court website, http://www.bger.ch}}