Data

Date:
05-01-2012
Country:
Italy
Number:
Court:
Tribunale di Varese (Sezione distaccata di Luino)
Parties:
unknown

Keywords

SALES CONTRACT - BETWEEN AN ITALIAN CONSTRUCTION COMPANY AND SOME ITALIAN INDIVIDUALS - UNIDROIT PRINCIPLES AS MEANS FOR INTERPRETING APPLICABLE DOMESTIC LAW (ITALIAN LAW)

PROHIBITION OF INCONSISTENT BEHAVIOUR - REFERENCE TO ARTICLE 1.8 UNIDROIT PRINCIPLES

Abstract

Defendant, an Italian construction company, after having built an apartment building, sold seven apartments thereof to Claimants, all Italian nationals. Soon after having taken possession of the apartments, the new owners discovered a number of defects of construction of the swimming pool and the tennis court they had acquired in common, and gave immediately notice thereof to Defendant. Defendant acknowledged the existence of the defects in question and promised to cure them promptly.

In fact Defendant eliminated only part of the defects, prompting Claimants to bring an action against Defendant requesting cure of all defects or, alternatively, payment of damages for the loss caused Claimants as a result of the defects not eliminated. Defendant objected that the claim was time barred because brought before the court after the expiry of the time limit of one year provided for by Article 1669 of the Italian Civil Code. In rejecting the exception raised by Defendant, the Court pointed out that by acknowledging the construction defects and promising to cure them after receiving proper notice thereof by Claimants, Defendant had caused Claimants reasonably to believe that no further action on their part was required. In support of this solution the Court invoked the general principle of good faith stated in Article 1175 of the Italian Civil Code and the application thereof consisting in the prohibition of inconsistent behaviour, and in this respect expressly referred to Article 1.8 of the UNIDROIT Principles.

Fulltext

[...]

6.4. Impegno del venditore ad eliminare i Vizi

All'udienza del 13 aprile 2010, il teste escusso I ha dichiarato che, in occasione dell’assemblea condominiale straordinaria tenutasi l’1 maggio 2004, il rappresentante, in loco, della A, l’ing. A, espressamente “si era impegnato a mettere a posto determinate cose (..). Si era impegnato a sistemare le infiltrazioni della piscina e del campo da tennis”. Addirittura, alcune cose furono, poi, effettivamente fatte (mentre altre no). La deposizione del teste, cristallina e chiara anche quanto all’oggetto, induce a dover ritenere che, effettivamente, in quell’occasione, la convenuta si impegnò ad eliminare i vizi riscontrati nella cosa venduta.

Orbene, il termine di prescrizione è pure interrotto dal riconoscimento del diritto altrui, ai sensi dell’art. 2944 c.c., norma che ha dato la stura ad una valorizzazione, in seno ai rapporti contrattuali, del contegno dell’eventuale responsabile. Vi è, infatti, che – secondo un costume giurisprudenziale oramai radicato in seno alla Suprema Corte – in analogia con quanto avviene per la compravendita (art. 1495 c.c.) (1), i termini sopraccitati non inibiscono le azioni edilizie ove il venditore/appaltatore abbia riconosciuto i vizi o, pure, assunto l’impegno ad eliminare i difetti riscontrati nell’opus dal partner negoziale. Si tratta di fare buon governo dei principi di Cassazione elaborati a partire dalla sentenza delle Sezioni Unite del 21 giugno 2005 n. 13294 (2). In tale arresto, costantemente seguito dalla giurisprudenza successiva, si afferma che l’impegno del venditore di eliminare i vizi/difetti rappresenta un quid pluris che serve ad ampliare le modalità di attuazione del contratto, nel senso di consentire al compratore di essere svincolato dalle condizioni e dai termini di decadenza e prescrizione, particolarmente brevi, come la prescrizione annuale, rispetto a quella decennale. Si tratta di assegnare un significato, ai fini dell’esercizio delle azioni edilizie e del relativo termine prescrizionale, alla circostanza che fra le parti è in corso, per l’impegno assunto dal venditore, un tentativo di far ottenere al compratore il risultato che egli aveva il diritto di conseguire fin dalla conclusione del contratto di compravendita. E altro significato non può essere che quello di svincolare il compratore dai termini e condizioni per l’esercizio delle azioni edilizie, atteso che queste non vengono da lui esercitate in pendenza degli interventi del venditore finalizzati all’eliminazione dei vizi redibitori, al fine di evitare di frapporre ostacoli, secondo la regola della correttezza (art. 1175 c.c.), alla realizzazione della prestazione cui il venditore è tenuto. Le chiarissime argomentazioni nomofilattiche delle Sezioni Unite aiutano a comprendere che, se il responsabile del vizio si assume l’impegno ad eliminarlo, il danneggiato non deve attivarsi per rispettare i termini di prescrizione, essendo in corso l’attuazione del suo diritto ad ottenere la res senza deficienze strutturali o tecniche. In tempi recenti, peraltro, la Suprema Corte, proprio sul punto, si è interrogata sulla questione dell’applicabilità, in via estensiva, della disciplina interruttivo/sospensiva della prescrizione (di cui al combinato disposto dell’art. 2943 c.c., commi 1, 2 e 3 e art. 2945 c.c. comma 2 con riferimento all’atto introduttivo del giudizio) all’ipotesi di riconoscimento del vizio e di offerta di riparazione/sostituzione ed ha affermato (in via di obiter dicta) che, con riferimento al periodo intercorrente tra il riconoscimento “operoso” e la definitiva attuazione dell’obbligo di garanzia (o la sua definitiva, mancata attuazione, id est il raggiungimento del ragionevole ed in equivoco convincimento della inattuabilità/in attuazione dell’obbligo assunto dal venditore) può legittimamente discorrersi (come la stessa sentenza della sezioni unite citata sembrerebbe implicitamente ammettere, al punto 15.4 della motivazione) non soltanto di interruzione istantanea, bensì di interruzione/sospensione (ovvero di interruzione permanente) del corso della prescrizione, in applicazione analogica del combinato disposto delle richiamate norme ex artt. 2943, 2945 c.c.

Ma, allora, conseguentemente, il venditore non può denunciare all’acquirente di non aver rispettato i termini di legge, durante la fase attuativa dell’impegno, proprio in virtù della clausola di buona fede citata dalla Sezioni Unite. Sotto questo profilo, infatti, il comportamento del venditore è chiaramente idoneo ad ingenerare nell’acquirente la convinzione che il suo partner negoziale interverrà a suo favore, non frapponendo, a sorpresa, tra il diritto riconosciuto e la sua attuazione, l’eccezione di prescrizione, al riguardo, il principio sotteso al cd. venire contra factum proprium – risvolto applicativo della clausola generale di buona fede – vuole che una parte non possa agire in modo contraddittorio rispetto ad un intendimento che ha ingenerato nell’altra parte, e sul quale questa ha ragionevolmente fatto affidamento a proprio svantaggio (così, anche, i Principi UNIDROIT 2004). I principi sin qui espressi trovano senz’altro applicazione pure nell’ambito del giudizio ex art. 1669 c.c. essendo del tutto identiche le ragioni di tutela e le esigenze e sussistendo (3), pertanto, l’eadem ratio anche a fronte di una responsabilità di diversa natura (1218, 2043 c.c.) (4).

Il decisum delle Sezioni Unite pone, però, delicati problemi interpretativi: da un lato, infatti, si afferma che il compratore “è svicolato” dai termini; dall’altro si afferma che l’impegno del venditore ha effetto interruttivo della prescrizione. Orbene, se si assegnassi all’impegno del venditore il mero effetto dell’art. 2944 c.c. (fermo, però, il regime prescrizionale speciale), allora, lo stesso termine speciale, riprenderebbe, però, a decorrere secondo l’art. 2945 c.c.

Assumendo come corretta questa tesi, l’azione resta tempestiva e il diritto non prescritto. Infatti, se come riferisce il teste, l’1 maggio 2004 il venditore si era impegnato ad eseguire le opere di emenda e, poi, effettivamente queste opere in parte erano state eseguite, è chiaro che, almeno per un tempo di quindici giorni (che sono quelli che in genere la legge assegna come minimi per consentire ad una parte di attivarsi nel senso voluto da suo partner negoziale: v. art. 1454, comma II, c.c.), l’acquirente era, in buona fede, in attesa dell’adempimento del venditore, con neutralizzazione degli effetti stessi della prescrizione, secondo i rilievi di Cass. civ. 747/2011. Si arriva, così, ad una scadenza del 16 maggio 2004 che rende la diffida del 16 maggio 2005 tempestiva e re-interruttiva del termine di prescrizione, anche dove, quindi, non si ritenga che l’impegno svincoli completamente dai termini ma semplicemente li interrompa. L’ulteriore interruzione della prescrizione è, poi, del 7 novembre 2005 (a firma dell’amministratore di condominio) e del 5 maggio 2006 e, dunque, ancora tempestivamente. Si registrano, poi, gli atti interruttivi relativi all’accertamento tecnico preventivo, depositato in data 10 luglio 2006 e in data 8 settembre 2006. Le procedure giurisdizionali (sospensive della prescrizione) si concludono rispettivamente in data 26 maggio 2007 e 27 giugno 2007 e le azioni giudiziarie sono, poi, notificate nell’aprile del 2008 e depositate in Cancelleria il 3 aprile 2008.

La tesi qui applicata – che rende comunque l’azione ammissibile – non è, però, corretta. E, infatti, l’impegno del venditore alla eliminazione dei vizi è cosa diversa dal riconoscimento del vizio: il riconoscimento del vizio interrompe la prescrizione (2944 c.c.); l’impegno è un quid pluris che addirittura “svincola” dai termini speciali brevi, Si vuol dire che, l’impegno sottrae alla disciplina speciale il diritto del compratore e lo colloca nella disciplina generale (2946, 2947 c.c.), cosicché, dopo l’impegno stesso, a decorrere è il termine di prescrizione ordinario e non quello speciale (decennale o quinquennale, in base agli artt. 2946 e 2947 c.c.). L’assunto qui sposato trovato conferma in un recente arresto di Cassazione (Cass. Civ., Sez. III, sentenza 14 gennaio 2011 n. 747, Rv. 615957), ricchissimo in parte motiva, in cui la Suprema Corte ha affermato che, in ragione dell’impegno del venditore ad eliminare i vizi della cosa venduta, viene meno il regime di prescrizione speciale e venuta meno la regola “eccezionale” (in quel caso, dell’art. 1495 cod. civ.) “decorre secondo l’ordinario termine decennale di cui all’art. 2946 cod. civ.”. Secondo l’Estensore, una attenta lettura della pronuncia delle SSU del 2005, e in particolare dei punto 15.3 e 15.4 della motivazione, conduce all’inevitabile approdo dell’applicabilità del regime di prescrizione ordinaria, alla luce del principio secondo cui l’assunzione da parte del venditore dell’obbligo di eliminazione dei vizi, speculare rispetto al diritto del compratore alla eliminazione stessa, è sottratto ai limiti di legge speciali, sia decadenziali che prescrizionali.

Ebbene, come già detto, all’udienza del 13 aprile 2010, il teste escusso I ha dichiarato che, in occasione dell’assemblea condominiale straordinaria tenutasi l’1 maggio 2004, il rappresentante, in loco, della A, si impegnò ad eliminare i vizi della cosa venduta. L’impegno ha “svincolato” gli attori dai termini speciali di cui all’art. 1669 comma II c.c. e consentito loro di agire nel (rispettato) termine ordinario di prescrizione.

Le eccezioni di prescrizione/decadenza sollevate sono, per l’effetto, infondate e vanno rigettate.

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