Data

Date:
25-02-2004
Country:
Italy
Number:
Court:
Tribunale di Padova - Sez. Este
Parties:
SO.M.AGRI s.a.s. vs. Erzeugerorganisation Marchfeldgemuese Gmbh & Co. KG

Keywords

INTERPRETATION OF THE CONVENTION - NEED TO PROMOTE UNIFORMITY IN ITS APPLICATION (ART. 7(1)) - REFERENCE TO FOREIGN DECISIONS WHICH THOUGH NOT BINDING HAVE PERSUASIVE VALUE

PAYMENT OF THE PRICE - BUYER OBLIGED TO PAY AT TIME OF PAYMENT WITHOUT ANY FORMAL REQUEST FOR PAYMENT BY SELLER (ARTS. 58 AND 59)

PRINCIPLE OF GOOD FAITH AS GENERAL PRINCIPLES UNDERLYING THE CONVENTION - SELLER FILING REQUEST FOR INJUNCTION IMMEDIATELY AFTER PAYMENT BECOMES DUE NOT ACTING IN GOOD FAITH

SET-OFF - MATTER NOT GOVERNED BY THE CONVENTION - TO BE SETTLED IN ACCORDANCE WITH THE OTHERWISE APPLICABLE DOMESTIC LAW (ART. 7(2))

Abstract

An Austrian Seller applied for an injunction before the Tribunal of Padova, Este section, against an Italian Buyer for the payment of Lit. 40.690.916, expenses and interest, for agricultural produce.

The Court granted the injunction.

The Italian Buyer filed an objection on two grounds: first that the Austrian company had failed to formally request it to pay before applying for the injunction; second, that it had, on its part, a claim for payment of Lit. 245.605.200 against the Austrian Seller which it intended to set off.

The Court first of all held that in view of their international character, the transactions involved were governed by CISG which was applicable directly because both parties had their places of business in two different contracting States, and had not excluded the application of the Convention. Indeed, the mere fact that in their pleadings the parties referred only to the domestic laws of the two countries involved is not sufficient to establish a clear intention of the parties to exclude the application of the Convention and have instead one or the other domestic law applied.

As to the merits the Court rejected the argument that the Austrian Seller should have first formally requested payment of the price from the Italian Buyer before applying for an injunction. According to Art. 58 CISG "if the buyer is not bound to pay the price at any other specific time, the buyer must pay it when the seller places either the goods or documents controlling their disposition at the buyer's disposal in accordance with the contract and this Convention". In addition Art. 59 states that “the buyer must pay the price on the date fixed by or determinable from the contract and this Convention without the need for any request or compliance with any formality on the part of the seller”. It follows that in the absence of any provision to the contrary in the contract, the buyer was therefore under a duty to pay the price at the time the goods were delivered without the seller having to make a formal request to this effect. It could be argued that to file a request for an injunction immediately after payment becomes due is contrary to the principle of good faith which, according to the Court, constitutes a general principle underlying the Convention. However, in the case at hand the Austrian Seller had filed such a request only months after the time when the Italian Buyer should have paid the price, i.e. at the time of delivery of the goods.

With respect to the request for set-off, the Court pointed out that the matter was not covered by CISG and had therefore to be determined in accordance with the otherwise applicable domestic law which in the case at hand was Austrian law. According to Austrian law one of the condition for set-off is that the two claims involve the same persons. In the case at hand this condition was not met since the claim which the Italian Buyer intended to set off against the Austrian Seller's claim was in fact a claim against another company though closely linked with the Austrian Seller. The Court therefore rejected the request for set-off and confirmed the injunction granted to the Austrian Seller.

In applying the individual provisiosn of the Convention the Court stressed the need for their uniform interpretation and application in accordance with Art. 7(1) CISG. According to the Court to this effect reference should be made whenever possible to foreign decisions which, though not representing binding precedents, have persuasive value. In the case at hand the Court repeatedly referred to foreign case law in support of its conclusions.

Fulltext

MOTIVAZIONE CONTESTUALE

SO.M.AGRI s.a.s. di Ardina Alessandro & C. ha proposto opposizione verso il decreto ingiuntivo chiesto ed ottenuto da Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG, con cui il Tribunale di Padova, nella persona del giudice monocratico della sezione di Este, le ha ordinato il pagamento di £ 40.690.916, oltre spese ed interessi, quale corrispettivo della fornitura di prodotti agricoli, tra cui patate “invernali”.
L'opposizione si fonda sui seguenti motivi:
1) la società austriaca, prima di rivolgersi al Tribunale, non ha messo in mora l'opponente, diffidando il pagamento, così che “nulla poteva sapere la soc. SO.M.AGRI prima della notifica del decreto ingiuntivo circa le pretese avversarie” (v. atto di citazione); di conseguenza non erano dovute le spese liquidate dal giudice al momento della concessione del decreto ingiuntivo;
2) SO.M.AGRI s.a.s. è a sua volta creditrice nei confronti di Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH della somma di £ 245.605.200, quale prezzo della vendita di patate “estive”, sicché può operare l'istituto della compensazione.
L'opposizione non è fondata e dev'essere perciò rigettata.

Innanzitutto, si osserva con riferimento al punto 1) che la presente controversia riguarda un rapporto d’indubbio carattere internazionale. Da ciò deriva l’esigenza di individuare il diritto sostanziale applicabile. A questo fine potrebbe ritenersi necessario ricorrere alle norme di diritto internazionale privato in materia di vendita internazionale, che in Italia – come affermato dalla Suprema Corte in una recente pronuncia (Cass. Civ., Sez. Un., 19 giugno 2000, n. 448, in Corr. giur., 2002, 369 ss.) – sono le norme previste dalla Convenzione dell'Aja del 15 giugno 1955, ratificata con l. 4 febbraio 1958, n. 50 ed entrata in vigore il 1° settembre 1964, e non già quelle previste dalla Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, resa esecutiva con l. 18 dicembre 1984, n. 975 ed entrata in vigore il 1° aprile 1991 (in questo senso, v. anche Trib. Rimimi, 26 novembre 2002, n. 3095, in Giur. it., 2003, 896 ss.; Trib. Vigevano, 12 luglio 2000, n. 405, in Giur. it., 2001, 281 ss.; Trib. Pavia, 29 dicembre 1999, n. 468, in Corr. giur., 2000, 932 ss.). Tale affermazione si basa sull’opinione che le norme di diritto internazionale privato costituiscano lo strumento più idoneo (ed appositamente creato) per l'individuazione delle norme sostanziali applicabili.
A questo approccio internazionalprivatistico si deve tuttavia preferire uno diverso, che favorisca, ove possibile, la diretta applicazione di norme di diritto sostanziale. Con riferimento al caso di specie, ciò impone di stabilire se sussistano i requisiti di applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionale di beni mobili del 1980 (ratificata con l. 11 dicembre 1985, n. 765, ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988). La preferenza per la Convenzione delle Nazioni Unite (che è convenzione di diritto materiale uniforme, e non di diritto internazionale privato, come talvolta si è erroneamente affermato), rispetto alle norme di diritto internazionale privato poste dalla Convenzione dell'Aja, è anzitutto dovuta al fatto che l'ambito di applicazione internazionale della Convenzione delle Nazioni Unite è speciale rispetto a quello della Convenzione dell'Aja, perché più limitato. La prima, infatti, si applica soltanto ai contratti di vendita la cui internazionalità dipende dalla diversa ubicazione statale della sede d'affari delle parti contraenti, mentre – com'è noto – la Convenzione dell'Aja riguarda ogni tipo di contratto di vendita “internazionale”. Inoltre, la specialità della Convenzione delle Nazioni Unite si fonda su un giudizio di prevalenza delle norme di diritto materiale uniforme rispetto a quelle di diritto internazionale privato, indipendentemente dalla fonte (nazionale od internazionale) di queste ultime. Le norme di diritto materiale uniforme rivestono per definizione carattere di specialità, giacché risolvono il problema sostanziale “direttamente”, ossia evitando il doppio passaggio, che sempre si rende necessario quando si fa ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato, consistente prima nell'individuazione del diritto applicabile e poi nell'applicazione dello stesso.
Ciò premesso, si rileva che la Convenzione delle Nazioni Unite richiede per trovare applicazione la sussistenza di diversi presupposti.
Dal punto di vista materiale, occorre che il contratto sia un contratto di compravendita, di cui tuttavia la Convenzione non dà alcuna definizione. La mancanza di una definizione espressa non deve però indurre a ricorrere ad una definizione nazionale, come ad esempio quella prevista dall'art. 1470 c.c. Infatti, il concetto di “compravendita” dev’essere ricavato, come d'altronde la maggior parte dei concetti utilizzati nel testo della Convenzione (tra i quali anche quello di “sede d'affari”, di “residenza abituale”, di “beni”, ma non quello di “diritto internazionale privato”, che corrisponde al concetto di diritto internazionale privato del foro, o quello di “parte”, che va individuato sulla base del diritto al quale rinviano le norme di diritto internazionale privato del foro), in modo autonomo, ossia senza basarsi su definizioni proprie di un determinato ordinamento. A tale proposito diventa rilevante il disposto degli artt. 30 e 53 della Convenzione (così anche Tribunal cantonal de Vaud, 11 marzo 1996, n. 01 93 1061, pubblicata su internet all'indirizzo: ), dal quale si evince che è contratto di compravendita alla luce della Convenzione il negozio in forza del quale il venditore è obbligato a consegnare i beni, trasferirne la proprietà ed eventualmente rilasciare tutti i documenti ad essi relativi, mentre il compratore è obbligato a pagare il prezzo ed a prendere in consegna i beni. Con riferimento al caso di specie, non può quindi dubitarsi che il contratto tra la SO.M.AGRI s.a.s. e la società Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG costituisca una compravendita nel senso indicato.
La Convenzione richiede altresì che l'oggetto della compravendita sia, al momento della consegna, mobile e tangibile, come già sottolineato dalla giurisprudenza italiana (Trib. Rimini, cit.; Trib. Pavia, cit.) ed anche straniera (v. OLG Köln, 26 agosto 1994, in Neue Juristische Wochenschrift Rechtsprechungs-Report, 1995, 246; Cour d'appel de Grenoble, 26 aprile 1995, rinvenibile su internet al seguente indirizzo: http://witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/2604952.htm), giurisprudenza che, sebbene non vincolante, come invece vorrebbe una dottrina minoritaria, dev'essere comunque attentamente considerata onde assicurare l'applicazione uniforme della Convenzione delle Nazioni Unite, come richiesto dal suo art. 7, 1° comma. Infatti, la mera interpretazione autonoma della Convenzione, ossia l'interpretazione che non faccia riferimento al significato che a determinate espressioni viene attribuito in un determinato ordinamento, di per sé è insufficiente ad assicurare l'uniformità alla quale mira la Convenzione stessa allo scopo di favorire lo sviluppo del commercio internazionale.
Poiché il contratto oggetto della presente controversia presenta i requisiti appena menzionati, sotto il profilo materiale la Convenzione appare applicabile.
E’ però necessario stabilire se il contratto, ai sensi della Convenzione, sia da reputarsi internazionale. Il carattere dell’internazionalità è infatti definito dalla stessa Convenzione (come peraltro avviene per la maggior parte delle convenzioni di diritto materiale uniforme). Occorre, a questo proposito, che le parti contraenti abbiano, al momento della conclusione del contratto (pertanto è irrilevante se questa circostanza muta successivamente), la loro sede d'affari, ossia il luogo dal quale viene svolta un’attività commerciale caratterizzata da una certa durata e stabilità nonché da una certa autonomia (cfr. OLG Stuttgart, 28 febbraio 2000, in Internationales Handelsrecht, 2000, 66), in Stati diversi. Con riferimento al contratto dedotto in giudizio, è evidente che questo requisito d’internazionalità sussiste, avendo il venditore la propria sede d'affari in Austria, mentre il compratore in Italia. Inoltre, si osserva che l’internazionalità del contratto era ben conosciuta dalle parti al momento della sua conclusione, pertanto essa non può considerarsi irrilevante ai sensi dell'art. 1, 2° comma, della Convenzione.
L'internazionalità del contratto non è tuttavia sufficiente a rendere applicabile la Convenzione. Questa richiede, come d'altronde la maggior parte delle convenzioni di diritto materiale uniforme, un ulteriore elemento, e cioè che i paesi nei quali le parti hanno la loro sede d'affari siano Stati contraenti della Convenzione al momento della conclusione del contratto (art. 1, 1° comma, lett. a), oppure che le norme di diritto internazionale privato del foro rinviino al diritto di uno Stato contraente (art. 1, 1° comma, lett. b).
Nel caso di specie, si evidenzia che la Convenzione è entrata in vigore sia in Austria che in Italia ben prima della conclusione del contratto, rispettivamente il 1° gennaio 1989 ed il 1° gennaio 1988. Essa deve pertanto considerarsi applicabile in virtù dell'art. 1, 1° comma, lett. a). Si aggiunga che le parti non hanno fatto ricorso alla possibilità di escludere l'applicazione della Convenzione, ancorché detta facoltà fosse loro spettante ed esercitabile anche in forma tacita, come spesso affermato dalla giurisprudenza italiana (Trib. Rimini, cit.; Trib. Vigevano, cit.) e straniera (si vedano, ad esempio, Oberster Gerichtshof, 22 ottobre 2001, pubblicata su internet all'indirizzo: http://www.cisg.at/1_7701g.htm; Cour de Cassation, 26 luglio 2001, su http://witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/2606012v.htm; OLG München, 9 luglio 1997, in International Legal Forum, 1997, 159 s.). A nulla poi rileva il silenzio dei difensori delle parti in merito all'applicabilità della disciplina in esame, perché in presenza di tutti i requisiti sopra indicati la Convenzione si applica di diritto (così anche Corte di Cassazione francese, 26 giugno 2001, in Recueil Dalloz, 2001, Jur. 3607). Dunque non occorre alcuna manifestazione, espressa o tacita, di volontà da parte dei contendenti. Neppure può sostenersi che il silenzio delle parti costituisca un'implicita manifestazione dell’intenzione di escludere l'applicazione della Convenzione (v. Corte Federale tedesca, 23 luglio 1997, in Neue Juristische Wochenschrift, 1997, 3309 ss.): il riferimento nelle comparse al solo diritto domestico non uniforme di uno Stato contraente, pur potendo in astratto rappresentare un elemento che depone a favore della scelta della legge interna di quello Stato, non è di per sé sufficiente ad escludere la disciplina convenzionale (così anche Corte di Cassazione francese, 17 dicembre 1996, in Revue critique de droit international privé, 1997, 72 s.; LG Düsseldorf, 11 ottobre 1995, rinvenibile al seguente sito internet: ; Corte Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale, lodo arbitrale no. 7565, in ICC International Court of Arbitration Bulletin, novembre 1995, 64 ss.; contra BG Weinfelden, 23 novembre 1998, in Schweizerische Zeitschrift für internationales und europäisches Recht, 1999, 198; Cour d'Appel de Colmar, 26 settembre 1995, rinvenibile al seguente sito internet: www.witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/260995.htm). Per potere ritenere che le parti abbiano inteso escludere l'applicazione della Convenzione deve infatti risultare in modo univoco che esse si sono rese conto della sua applicabilità, e ciò nonostante abbiano insistito nel fare riferimento unicamente alla disciplina interna. Nel caso in esame, dalle difese svolte dai rispettivi avvocati non risulta che le parti si siano rese conto dell'applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite, perciò non possono aver voluto escluderne – neppure implicitamente – l’applicazione, scegliendo di fare esclusivo riferimento al diritto italiano. Quindi, in virtù del principio iura novit curia, spetta senz'altro al giudice determinare quali siano le norme italiane applicabili (così anche Trib. Vigevano, cit.; Trib. Cuneo, 31 gennaio 1996, rinvenibile al seguente sito internet: ): norme che devono essere individuate, per tutte le ragioni sopra esposte, nelle disposizioni della Convenzione in esame.

Con riferimento alla questione sostanziale sollevata dalla SO.M.AGRI s.a.s., l'applicabilità della Convenzione delle Nazioni Unite porta ad escludere che Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG avesse l'onere di richiedere per iscritto il pagamento del prezzo, fissando al compratore un termine per adempiere, prima di rivolgersi al giudice.
Si osserva che i contraenti hanno concluso il contratto oralmente (possibilità loro concessa dall'art. 11 della Convenzione), senza specificare un termine di pagamento del prezzo (termine che non si può evincere neppure dalle rispettive difese). Non è dunque dato sapere se le parti abbiano determinato il momento in cui l'obbligazione del compratore doveva essere adempiuta. Si deve perciò presumere che un termine non sia stato concordato tra le parti. Proprio per fare fronte a questa ipotesi l'art. 58 della Convenzione delle Nazioni Unite stabilisce che “se il compratore non è obbligato a pagare il prezzo in un altro momento determinato” – il che, come si diceva, non risulta nel caso in esame –, “egli deve pagarlo quando, in conformità al contratto e alla presente Convenzione, il venditore mette a sua disposizione i beni”. La disposizione in esame sancisce pertanto il principio della contemporaneità del pagamento alla messa a disposizione dei beni (o dei documenti rappresentativi di essi), che si applica ogniqualvolta le parti non si siano accordate diversamente (ad esempio, concordando che il prezzo debba essere pagato in vari momenti: 30% al momento dell'ordine dei beni, 30% al momento dell'inizio dell'assemblaggio, 30% al termine dell'installazione, 10% al momento di verifica del buon funzionamento: v. Corte Federale svizzera, 18 gennaio 1996, in Schweizerische Zeitischrift für internationales und europäisches Recht, 1997, 129 ss.) e non esistano usi (che presentino i caratteri di cui all'art. 9, 2° comma, della Convenzione) dai quali si evinca un termine diverso.
Nel caso concreto, il principio ricordato porta a sostenere che il credito del venditore sia divenuto esigibile nell’ottobre del 1999, perché in quel mese è avvenuta presumibilmente la consegna di tutta la merce.
Dal momento della consegna, in cui è divenuto attuale il debito del compratore, a quello in cui è stato depositato il ricorso per ingiunzione (5 maggio 2000), sono trascorsi almeno sei mesi, senza che SO.M.AGRI s.a.s. effettuasse il pagamento. Pur ipotizzando, come fa parte della dottrina, il dovere in capo al venditore di concedere all’acquirente un breve termine per il pagamento, nel caso in cui il compratore non sapesse in anticipo quando i beni gli sarebbero stati messi a disposizione, la società austriaca non poteva certo considerarsi obbligata ad attendere ulteriormente, né era tenuta ad intimare per iscritto (od in una qualsiasi altra forma) il pagamento. Infatti, secondo l'art. 59 della Convenzione delle Nazioni Unite, “il compratore deve pagare il prezzo alla data determinata o determinabile in base al contratto ed alla presente Convenzione, senza bisogno di alcuna richiesta o formalità da parte del venditore”. Ne consegue che a seguito del mancato pagamento il compratore è automaticamente in mora (v. Handelsgericht des Kantons Aargau, 5 novembre 2002, in rinvenibile su internet al seguente sito: ; LG Stendal, 12 ottobre 2000, in Internationales Handelsrecht, 2001, 30), senza, cioè, che occorra un ulteriore atto da parte del venditore (così anche AG Viechtach, 11 aprile 2002, rinvenibile su internet al seguente sito: ; Kantonsgericht Schaffhausen, 25 febbraio 2002, rinvenibile su internet al seguente sito: ; Landgericht Aachen, 3 aprile 1990, in Recht der internationalen Wirtschaft, 1990, 491 s.).
Quanto detto non significa che il venditore non possa fissare al compratore un termine aggiuntivo per l'adempimento; infatti, l'art. 63, 1° comma, della Convenzione delle Nazioni Unite stabilisce espressamente che “il venditore può fissare al compratore un termine supplementare di durata ragionevole per l'adempimento delle sue obbligazioni”. Questa norma, che ha lo scopo di offrire al venditore – che voglia in caso d’inadempimento dell’obbligazione di pagare il prezzo risolvere il contratto senza doversi chiedere se possa trovare applicazione l'art. 25 (che prevede un concetto assai generico di “inadempimento essenziale”) – uno strumento certo per ottenere la risoluzione del contratto, è modellata sulla scorta dell'istituto tedesco della Nachfrist, e, come nel diritto tedesco, prevede una facoltà e non un onere (Cour d'Appel Grenoble, 4 febbraio 1999, rinvenibile su internet al seguente sito: ; contra, con riferimento alla Convenzione, apparentemente LG Göttingen, 20 settembre 2002, rinvenibile su internet al seguente sito: ). Quindi, se decide di non concedere un termine supplementare, il venditore può agire immediatamente per ottenere il pagamento, anche facendo ricorso all'autorità giudiziaria (potrà però chiedere la risoluzione del contratto soltanto se l'inadempimento può essere qualificato “essenziale” ai sensi del citato art. 25). Se invece il venditore fissa un termine supplementare, fintanto che questo non sia scaduto egli non può risolvere il contratto, né agire per l’adempimento (scaduto il termine, il venditore può immediatamente chiedere la risoluzione del contratto, indipendentemente dal fatto che l'inadempimento possa essere qualificato come “essenziale” [v. Corte Suprema austriaca, 28 aprile 2000, in Zeitschrift für Rechtsvergleichung, 2000, 80; LG Bielefeld, 18 gennaio 1991, rinvenibile su internet al seguente sito: http://www.cisg-online.ch/cisg/urteile/174.htm; Cour d'Appel Grenoble, 4 febbraio 1999, rinvenibile su internet al seguente sito: http://witz.jura.uni-sb.de/CISG/decisions/040299v.htm], così come può agire in giudizio per il pagamento del prezzo).
Si può aggiungere che l'esercizio della facoltà di concedere o no un termine supplementare non può avvenire in modo arbitrario, dovendo comunque il venditore attenersi al criterio di correttezza (come del resto si evince anche dal riferimento alla “durata ragionevole” del termine supplementare: cfr. LG Aachen, 14 maggio 1993, in Recht der internationalen Wirtschaft, 1993, 760 s.). Più in generale, la condotta dei contraenti dev'essere rispettosa del principio di buona fede, il quale, in quanto costituisce uno dei principi generali sui quali la Convenzione si basa (v. Hof Beroep Gent, 15 maggio 2002, rinvenibile su internet al seguente sito: ; Corte Federale tedesca, 9 gennaio 2002, in Internationales Handelsrecht, 2002, 19; Corte Federale tedesca, 31 ottobre 2001, in Internationales Handelsrecht, 2002, 14 s.; Corte d'appello Milano, 11 dicembre 1998, in Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1999, 112 ss.; Corte Federale tedesca, 25 novembre 1998, in Recht der internationalen Wirtschaft, 1999, 385; Lodo arbitrale Dulces Luisi v. Seoul International del 30 novembre 1998 reso dalla Comission para la Protecion del Comercio Exterior de Mexico, in Diario Oficial del 29 gennaio 1999, 69 ff.), informa l'intera disciplina della compravendita internazionale (v. in merito anche lodo arbitrale della Corte Arbitrale di Amburgo, 21 marzo 1996, in Recht der internationalen Wirtschaft, 1996, 766 ss.), ma offre altresì un imprescindibile canone per l'interpretazione delle disposizioni della Convenzione (v. art. 7, 1° comma). Si deve perciò ritenere che sia contrario a buona fede rivolgersi al giudice pochi giorni dopo la scadenza del termine di pagamento del prezzo, senza avere richiesto al compratore spiegazioni sul ritardo oppure avere concesso al medesimo un termine per provvedere all'adempimento. Non può invece giudicarsi scorretto il comportamento del venditore, il quale si rivolga al giudice dopo avere atteso per ben sei mesi il pagamento del prezzo, senza che nel frattempo il compratore abbia comunicato una qualche giustificazione del ritardo.

Si osserva, con riferimento al punto 2), che la Convenzione delle Nazioni Unite non regola espressamente la compensazione. L’assenza di disposizioni in merito ha fatto sorgere una disputa tra coloro che sostengono che la compensazione debba essere trattata come una questione disciplinata dalla Convenzione, anche se non espressamente (lacuna praeter legem), e chi invece ritiene che sia materia esclusa dall'ambito di applicazione della Convenzione (lacuna intra legem). Nella prima ipotesi è possibile ricorrere ai principi generali della Convenzione, mentre nella seconda occorre fare ricorso alla giustizia di diritto internazionale privato per individuare il diritto sostanziale applicabile. Questo giudice propende, come d'altronde la maggior parte della dottrina e giurisprudenza (v., ad esempio, OLG München, 9 luglio 1997, pubblicata nella banca dati dell'Università di Friburgo, Germania, dedicata alla Convenzione delle Nazioni Unite, rinvenibile al seguente sito internet: www.jura.uni-freiburg.de/ipr1/cisg; OLG Koblenz, 31 gennaio 1997, in OLG-Report Koblenz, 1997, 37 ss.), per la seconda soluzione. La compensazione – come anche la prescrizione (cfr. LG Düsseldorf, 11 ottobre 1995, rinvenibile sul seguente sito internet: ; OLG Hamm, 9 giugno 1995, in Neue Juristische Wochenschrift Rechtsprechungs-Report, 1996, 179; Corte Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale, lodo arbitrale no. 7660, in ICC International Court of Arbitration Bulletin, novembre 1995, 69 ss.), la cessione di crediti (v. OLG Hamm, 8 febbraio 1995, in Praxis des internationalen Privat-und Verfahrensrechts, 1996, 197), la rappresentanza (Corte Suprema austriaca, 20 giugno 1997, in österreichische Juristenzeitung, 1997, 829 ss.; AG Alsfeld, 12 maggio 1995, in Neue Juristische Wochenschrift Rechtsprechungs-Report, 1996, 120) e la validità di una clausola penale apposta dalle parti (Corte Arbitrale della Camera di Commercio Internazionale, lodo arbitrale no. 7331, in Journal du droit international, 1995, 1001 ss) – deve considerarsi una questione esclusa dall’ambito della Convenzione, con la conseguenza che non si può ricorrere, ex art. 7, 2° comma, ai principi generali (tra cui vanno annoverati, ad esempio, quello della prevalenza dell'autonomia delle parti, della libertà della forma, della vincolatività degli usi generalmente conosciuti e regolarmente osservati dalle parti, del divieto di venire contra factum proprium, della mitigazione dei danni da parte del danneggiato, della limitazione del danno risarcibile a quello prevedibile, della c.d. full compensation, nonché quello secondo cui qualsiasi avviso od altro tipo di comunicazione effettuato o trasmesso dopo la conclusione del contratto produce effetti fin dal momento della sua spedizione e quello per cui onus probandi incumbit ei qui dicit) nemmeno nel caso in cui i crediti da compensare derivino tutti da contratti soggetti alla Convenzione delle Nazioni Unite (così invece OLG Hamburg, 26 novembre 1999, in Internationales Handelsrecht, 2001, 19 ss.). A questa conclusione si giunge in base alla considerazione che la Convenzione non permette minimamente di risolvere i problemi connessi all’istituto della compensazione (come ad esempio l’individuazione dei requisiti che devono sussistere per poter compensare reciproci debiti); del resto, nel corso dei lavori preparatori, la questione non è mai stata affrontata, e ciò spiega il silenzio del testo sul punto. Pertanto, la ricerca della disciplina nell’ambito delle disposizioni della Convenzione (o meglio, dei suoi principi generali) sarebbe fonte d’incertezza, per l’assenza di sicuri criteri di riferimento, con la conseguenza che, anziché promuovere soluzioni uniformi, la Convenzione finirebbe per generare soluzioni interpretative ampiamente discrezionali, risolvendosi in definitiva in un ostacolo allo sviluppo del commercio internazionale.
Come tutte le questioni non regolate dalla Convenzione, anche la compensazione è disciplinata, in assenza di altra convenzione di diritto materiale uniforme, dal diritto applicabile in virtù delle norme di diritto internazionale privato. Nel caso concreto, si deve pertanto ricorrere alle norme della già ricordata Convenzione dell'Aja del 1955, che nel caso di specie rinvia, in forza dell’art. 3, 1° comma, al diritto austriaco, in quanto diritto del venditore Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG. Giacché il credito di cui SO.M.AGRI s.a.s. afferma di essere titolare (e con il quale vorrebbe compensare il credito vantato dalla venditrice) è nei confronti di Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH (v. le fatture prodotte), occorre anche determinare il diritto applicabile a questo secondo rapporto. Essendo anche questo riconducibile ad un contratto di compravendita, si applicano le stesse norme sopra menzionate, che tuttavia ora rinviano al diritto italiano (in quanto diritto del venditore). Non può pertanto applicarsi automaticamente il diritto austriaco alla compensazione legale, che sarebbe senz’altro applicabile se anche il credito della SO.M.AGRI s.a.s. fosse sottoposto al diritto austriaco. Il diritto austriaco sarà sì applicabile, ma in quanto diritto regolatore del contratto da cui nasce il credito oggetto della disputa, ossia quello contro il quale è opposta compensazione, e ciò sulla base del fatto che con l’eccezione di compensazione viene fondamentalmente in questione una vicenda estintiva del credito azionato. Ne consegue che la compensazione legale è disciplinata dal diritto austriaco, perché il credito azionato è sottoposto al diritto austriaco. In particolare, trova applicazione l’art. 1438 ABGB, il quale fra l’altro richiede che i soggetti titolari dei rapporti da cui nascono i crediti da compensare siano i medesimi. SO.M.AGRI s.a.s. non potrà pertanto compensare il proprio debito verso Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG con il credito che vanta nei confronti di Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH, trattandosi di due diverse società, la prima in accomandita semplice, mentre la seconda a responsabilità limitata. Come si evince dalle certificazioni prodotte in giudizio dalla convenuta, la società a responsabilità limitata è socia accomandataria di Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG. Dunque, sebbene la convenuta sia partecipata e gestita da Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH (e ciò giustifica la coincidenza delle sede sociali), essa è – sulla base del diritto austriaco, che in virtù dell'art. 25, 2° comma, della l. 218/95 si applica sul punto (ma non diversamente sarebbe per il diritto italiano) – un soggetto formalmente distinto da quest'ultima compagine sociale.
Difettando, se non altro, il requisito della reciprocità soggettiva, di cui all'art. 1438 AGBGB, non può trovare accoglimento l'eccezione di compensazione.
In conclusione, il decreto ingiuntivo va confermato; le spese del presente giudizio di opposizione seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI PADOVA
SEZIONE DISTACCATA DI ESTE
in persona del giudice monocratico, definitivamente pronunciando nella causa n. 40552 del R.g. 2000, promossa con atto di citazione in opposizione notificato il 24 giugno 2000 da SO.M.AGRI s.a.s. di Ardina Alessandro & C. con sede in Monselice (Padova) nei confronti di Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG con sede in Raasdorf (Austria), ogni contraria domanda ed eccezione disattesa, così ha deciso:
1) rigetta l'opposizione al decreto ingiuntivo emesso da questo Tribunale in data 8 maggio 2000;
2) dichiara tenuta e condanna SO.M.AGRI s.a.s. di Ardina Alessandro & C. a rifondere a Erzeugerorganisation Marchfeldgemüse GmbH & Co. KG le spese di lite, che liquida nella complessiva somma di € 2.750,00, di cui € 1.400,00 per onorari ed € 1.000,00 per diritti, oltre IVA e CPA come per legge.

Così deciso in Este, il 25 febbraio 2004.

Il Giudice
(dott. Alessandro Rizzieri)}}

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Original in Italian:
- published in Rivista di diritto intrnazionale privato e processuale, n.2/2004, p. 697 ff.}}