Data

Date:
08-05-1998
Country:
Italy
Number:
4668
Court:
Corte Suprema di Cassazione, Sez. Un.
Parties:
Codispral S.A. v. Fallimento F.lli Vismara di Giuseppe e Vincenzo Vismara s.n.c.

Keywords

JURISDICTION - 1968 BRUSSELS CONVENTION - JURISDICTION OF COURT FOR PLACE OF PAYMENT OF THE PRICE

PLACE OF PAYMENT OF PRICE (ART. 57(1)(A) CISG) - SELLER'S PLACE OF BUSINESS

Abstract

A French buyer had concluded a contract with an Italian buyer for the sale of frozen meat. The goods were to be delivered in Belgium to one of the buyer's customers. The buyer failed to pay the full contract price. The seller sued it before an Italian court in order to recover the unpaid balance of the price plus interest. In the course of the first instance proceedings the defendant, objecting to the jurisdiction of Italian courts, commenced an action before the Italian Supreme Court in order to get a final decision on this matter, alleging that the Belgian courts had jurisdiction since Belgium was the place of delivery of the goods.

In order to determine whether the Italian courts had jurisdiction, the Court applied Art. 5(1) of the EC Convention on Jurisdiction and the Enforcement of Foreign Judgments in Civil an Commercial Matters (Brussels 1968), pursuant to which a person domiciled in a Contracting State (in the case at hand: the buyer) may be sued in the Court for the place of performance of the obligation in question (in the case at hand: payment of the price). The court asserted jurisdiction against the buyer, applying CISG to determine the place of payment.

Since the buyer was not bound to pay the price at any particular place, the court applied Art. 57(1)(a) CISG, under which if the buyer is not bound to pay the price at any other particular place, he must pay it at the seller's place of business (in the case at hand: Italy). The Italian courts had therefore jurisdiction. The court also referred to its own case-law on Art. 59 of the 1964 Hague Convention on international sales of goods, noting its strict similarity to Art. 57(1)(a) CISG.

Fulltext

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione, notificato il 31 marzo 1993, la società Fratelli Vismara di Giuseppe e Vincenzo Vismara, con sede in Sirone (Como), convenne, dinanzi al Tribunale di Lecco, la società Codispral S.A., con sede in La Chataigneraie (Francia), e ne chiese la condanna al pagamento della somma capitale di FF. 382.628,29, oltre interessi legali e maggior danno.

A sostegno della domanda dedusse di aver fornito alla convenuta - regolarmente adempiendo alla propria obbligazione secondo quanto da costei richiesto, ed emettendo nel novembre e dicembre 1991 le relative fatture - carni congelate per un importo di FF. 1.416.731,645, merce che l'acquirente (la quale aveva versato, per di più in ritardo, degli acconti, da ultimo nel mese di marzo del 1992) aveva rivenduto alla ditta P. Van Heeeswijk Export NV di Baarle Hertog (Belgio). Essa venditrice era rimasta pertanto creditrice del residuo prezzo, sopra indicato.

La società convenuta, costituitasi a sua volta, eccepì preliminarmente il difetto di giurisdizione del giudice adito e successivamente, con atto notificato il 4 aprile 1996, ha formalizzato tale eccezione, proponendo il presente regolamento preventivo di giurisdizione.

A sostegno di esso, afferma che la controversia appartiene alla cognizione del giudice belga ai sensi dell'art. 57 della L. 31 maggio 1995 n. 218 e della convenzione di Roma del 19 giugno 1980, in quanto applicabile: il citato art. 57 - in vigore, precisa, dal 1° luglio 1995 - rinvia infatti a detta convenzione, resa esecutiva con L. 18 dicembre 1984 n. 975, e, in mancanza di scelta delle parti, trova applicazione il criterio del collegamento più stretto, in forza del quale la giurisdizione appartiene al giudice del Belgio, Stato nel quale la merce venne, come da contratto, consegnata.

La società attrice - nelle more dichiarata fallita - resiste, in persona del curatore, con controricorso, con il quale deduce l'inammissibilità e, comunque, l'infondatezza del ricorso: afferma che esso è infatti privo dei requisiti minimi previsti dall'art. 366 n. 4 cod. proc. civ. perché nulla dice, come avrebbe dovuto, sulle ragioni per cui avrebbe giurisdizione il giudice belga, mentre si sforza di dimostrare la diversa questione dell'asserita applicabilità al caso di specie, della legge di detto Stato; in ogni caso - aggiunge - non si vede perché una controversia tra una società italiana ed una francese debba essere decisa dal giudice di un Paese terzo, laddove la controversia stessa è stata a ragione instaurata dinanzi al giudice italiano ex art. 5 n. 1 della convenzione di Bruxelles del 1968 e successive modifiche, dal momento che in Italia deve essere eseguita l'obbligazione di pagamento, dedotta in giudizio, come risulta dagli accordi delle parti e dall'art. 57 della convenzione di Vienna sui contratti di vendita internazionale di beni mobili.

MOTIVI DELLA DECISIONE

[...]

Nel merito, la Corte rileva preliminarmente che il contratto di compravendita della merce è stato stipulato nel 1991 - come tra le parti è incontroverso - tra la venditrice società di diritto italiano e l'acquirente società di diritto francese; che, per accordo delle parti stesse la relativa consegna venne effettuata in Belgio e che il conseguente giudizio, avente ad oggetto il pagamento del residuo prezzo, è stato instaurato con atto notificato nel 1993.

[...]

Agli effetti della determinazione della giurisdizione, è jus receptum che occorre fare riferimento alla sola obbligazione dedotta in giudizio, in tal senso essendosi pronunciata la Corte di giustizia delle Comunità europee - la cui competenza deriva dall'art. 1 del protocollo di Lussemburgo del 3 giugno 1971, reso esecutivo in Italia con L. 19 maggio 1975 n. 180 - con sentenza del 6 ottobre 1976 (in causa n. 14/1976) e nell'esercizio della propria giurisdizione interpretativa. La stessa Corte di giustizia, con altra sentenza resa (nella causa n. 12/1976) in pari data, ha poi precisato che il luogo di esecuzione dell'obbligazione va determinato in conformità alla legge che disciplina l'obbligazione controversa secondo il diritto internazionale privato del giudice adito, poiché la lex causae prevale sulla lex fori.

Dovendo, pertanto, applicarsi nella specie il diritto internazionale privato italiano, rettamente la società resistente invoca al riguardo, quanto al luogo di esecuzione dell'obbligazione dedotta in giudizio, l'art. 57 primo comma lett. a) della convenzione di Vienna dell'11 aprile 1980, cui è stata data ratifica ed esecuzione con L. 11 dicembre 1985 n. 765, e che è entrata in vigore il 1° gennaio 1988 e, quindi, anteriormente all'inizio del presente giudizio (mentre hanno cessato di produrre effetti al 31 dicembre 1987 le [due] convenzioni dell'Aja del 1° luglio 1964, relative rispettivamente alla legge uniforme sulla vendita internazionale di merci ed alla legge uniforme sulla formazione dei contratti di vendita internazionale di merci, come risulta dal comunicato del Ministero degli affari esteri, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 45 del 24 febbraio 1987): è noto, infatti, che le disposizioni contenute in trattati bi- o plurilaterali prevalgono sulla regolamentazione interna (già contenuta negli artt.2-4 cod. proc. civ., peraltro abrogati, a far data dal 1° gennaio 1996, in forza degli artt.73 e 74 citata legge n. 218/95 e successive modifiche, e, ora, nel titolo secondo di detta legge), come, del resto, dispone l'art. 2 comma 1 di questa con disposizione di natura meramente ricognitiva.

Orbene, il menzionato art. 57, primo comma, lett. a) dispone che, nel caso in cui l'acquirente non sia tenuto - come nella specie è pacifico che non lo fosse - a pagare il prezzo in un luogo particolare, egli dovrà pagare il venditore presso la sede di affari di quest'ultimo (e, dunque, nella specie, in Italia, come parimenti è incontestato).

Nel vigore della menzionata convenzione dell'Aja sulla compravendita internazionale di beni mobili, ratificata con L. 21 giugno 1971 n. 816 - l'art. 59 della quale fissava nel domicilio dell'attore il locus destinatae solutionis - la costante giurisprudenza di questa Suprema Corte, con riguardo a domanda di pagamento del relativo prezzo, proposta da venditore italiano nei confronti di ditta straniera avente sede in un paese della Comunità europea aderente anche a detta convenzione, aveva affermato che la presenza in Italia del domicilio dell'attore era di per sé sufficiente a determinare la giurisdizione del giudice italiano ai sensi ed in virtù del criterio di collegamento di cui all'art. 5 n. 1 della convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968, resa esecutiva con L. 21 giugno 1971 n. 804 (S.U. 15 ottobre 1987 n. 7625, 24 ottobre 1988 n. 5739, 20 luglio 1989 n. 3398, 3 dicembre 1990 n. 11557).

Tale indirizzo deve essere confermato e ribadito nel vigore della convenzione di Vienna, stante l'analogia tra l'art. 57, primo comma, lett. a) di questa (se l'acquirente non è tenuto a pagare il prezzo in un altro luogo particolare, dovrà pagare il venditore presso la sede di affari di quest'ultimo) e l'art. 59 primo comma della cessata convenzione dell'Aja (l'acheteur doit payer le prix au vendeur à son établissement ou, à défaut, à sa résidence habituelle).

Nella specie, avendo la domanda ad oggetto il pagamento del prezzo residuo della compravendita, e dovendo esso essere pagato in Italia in forza del citato art. 57 lett. a), ne consegue la giurisdizione del giudice italiano ai sensi del criterio sussidiario di collegamento di cui all'art. 5 n. 1 della convenzione di Bruxelles (il quale dispone che il convenuto domiciliato nel territorio di uno Stato contraente può essere citato in un altro Stato contraente: 1) in materia contrattuale, davanti al giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita): norma, questa, in ordine alla quale sono state emesse le due citate pronunce della Corte di giustizia delle Comunità Europee.

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Source

Published in Italian:
- Rivista di diritto internazionale privato e processuale, 1999, 290-294}}