Data

Date:
21-11-2007
Country:
Italy
Number:
914/06
Court:
Tribunale di Rovereto
Parties:
Takap B.V. v. Europlay S.r.l.

Keywords

JURISDICTION - EUROPEAN COUNCIL REGULATION NO. 44/2001 ON JURISDICTION AND RECOGNITION AND ENFORCEMENT OF JUDGEMENTS IN CIVIL AND COMMERCIAL MATTERS - CISG AS A MEANS TO INTERPRET THE REGULATION

UNIFORM INTERPRETATION AND APPLICATION OF CISG (ART. 7(1) CISG)- RELEVANCE OF INTERNATIONAL CASE LAW

INCORPORATION OF STANDARD TERMS IN CONTRACT – TO BE DETERMINED ACCORDING TO GENERAL RULES ON CONTRACT FORMATION OF CISG (ARTS. 14, 18 CISG) AND ON CONTRACT INTERPRETATION (ART. 8 CISG) - NO RECOURSE TO DOMESTIC LAW

STANDARD TERMS - NOT BINDING ON OFFEREE UNLESS ATTACHED OR OTHERWISE MADE KNOWN TO THE OTHER PARTY

GOOD FAITH IN INTERNATIONAL TRADE (ART. 7(1) CISG) – PARTIES' DUTY TO CO-OPERATE AND TO GIVE INFORMATION - GENERAL PRINCIPLES UNDERLYING CISG

CONFIRMATION OF ORDER - COINTANING STARDARD TERMS DIFFERENT FROM THOSE CONTAINED IN THE OFFER - AMOUNTING TO COUNTER-OFFER (ART. 19 CISG)

Abstract

An Italian company (seller) entered into a long-lasting relationship with a Dutch company (buyer) for the distribution of special mirrors. Faced with financial difficulties, the Dutch company delayed some payments; the Italian company then declared the contract terminated and obtained an order for payment before an Italian Court. The Dutch company objected to that order, claiming, inter alia, that the jurisdiction was vested in the Dutch courts pursuant to a forum selection clause in its standard terms that was incorporated intoin the contract by virtue of Art. 23. lit. (b) of the European Council Regulation no. 44/2001 on jurisdiction and recognition and enforcement of judgements in civil and commercial matters (hereinafter: the Regulation).

The Court confirmed that the Italian judge had jurisdiction to hear the case, holding that the requirement set out in Art. 23. lit. (b) of the Regulation for a forum selection clause to be validly concluded (namely, that such a clause is in a form which accords with practices which the parties have established between themselves) was not satisfied in the case at hand. In particular, the Court rejected the argument that the forum selection clause in favour of the Dutch Courts, printed on the reverse side of any order submitted by the Dutch company to the Italian company, had been tacitly accepted by this latter executing the order. Although CISG, as the law governing the merits of the dispute (Art. 1(1)(a)), allows a contract to be concluded by a conduct indicating assent (Art. 18 CISG), the Italian company had given evidence that it usually sent confirmations of order to the other party wherein its general conditions were reproduced, and the other party would sign them and return them back. In the opinion of the Court, it meant that the contract between the parties had been concluded by the exchange of written communications, not by conduct indicating assent.

The Court then addressed the issue as to whether the requirements set out in Art. 23, lit. (a) of the Regulation (namely, that the agreement conferring jurisdiction is in writing or evidenced in writing) was satisfied in the case at hand. By answering in the negative, the Court firstly established that to determine whether or not standard terms are incorporated into a contract governed by CISG, the general rules on contract formation provided for by the Convention should apply. Then, relying also on foreign case law applying CISG, the Court found that under CISG stardard terms are deemed validly incorporated into a contract if they are printed on the reverse side of a document embodying the proposal, provided that the front side of such document makes an express reference to those terms.

However, the Court excluded that in the case at hand the buyer's standard terms had become part of the contract. In reaching this conclusion, the Court held that, pursuant to Art. 8 CISG, in order for standard terms to be validly incorporated into a contract, the addressee of the proposal must be aware of such terms; in particular, it follows from the general principle of good faith in international trade (Art. 7(1) CISG) and the parties' duty to cooperate and to give information deriving therefrom, that in an international sales contract the user of standard terms has to render such terms accessible to the other party. To the contrary, in the case at hand there was no evidence that the seller had knowledge of the buyer's standard terms; as a result, the forum selection clause in favour of the Dutch Courts could not be considered as validly agreed upon between the parties.

Finally, the Court held that the result would not have differed had the requirements set out in Art. 23 lit (a) and (b) of the Regulation been satisfied. In fact, the seller had demonstrated that the order confirmations sent to the buyer, which cointained its standard terms and therefore amounted to counter-offers (Art. 19 CISG), had been signed by the buyer, thereby becoming binding on it.

Fulltext

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con l’atto di citazione di cui all’epigrafe, la società di diritto olandese Takap B.V. (di seguito TAKAP) proponeva opposizione avverso decreto n. 457/06 dd. 8-19/04/2006, con cui il Tribunale di Rovereto le aveva ingiunto il pagamento della somma di € 129610,75, oltre interessi di mora e spese, in favore di Europlay S.r.l. (di seguito: EUROPLAY) a titolo di corrispettivo per forniture di merce, documentate in fatture commerciali.
Con l’atto di opposizione TAKAP, già denominata REPUSEL B.V.
- dopo avere narrato i rapporti commerciali che avevano legato, dal1984, la società REPUSEL, quale distributore o concessionario di vendita di specchi speciali, denominati special mirrors - inventati da tale ing. Righi e protetti da brevetto da invenzione- alla società Officine Riunite Ala S.p.A. prima ed EUROPLAY ed altra società poi, quali produttrici di degli stessi specchi, riconosceva di avere trascorso un periodo di difficoltà finanziaria ed ammetteva di avere un debito di € 121.188,47 –inferiore all’importo ingiunto di € 129610,75- nei confronti di EUROPLAY;
- al contempo però, affermando che il rapporto con la società EUROPLAY dovesse qualificarsi come contratto “di distribuzione o di concessione di vendita” o, nel linguaggio internazionale, distributorship agreement-contratto ricorrente nel commercio internazionale anche se atipico per il diritto nazionale italiano-, sosteneva che, a partire dal 2003, in seguito all’invasione del “mercato di riferimento” di copie special mirrors, essa, “d’accordo con l’ing. Righi e, per suo tramite, con la società EUROPLAY”, aveva sostenuto in Olanda spese legali a tutela del brevetto degli specchi per complessivi € 45.456,16; tale spesa, unitamente alle sfavorevoli condizioni del mercato, era stata la causa delle sue difficoltà finanziarie;
- nonostante le proprie difficoltà finanziarie, nel 2005 la società TAKAP pagava ad EUROPLAY debiti arretrati per forniture per oltre € 250000,00; al contempo i suoi legali olandesi cercavano di trovare un accordo “in merito al pagamento delle spese di assistenza legale sostenute (..) per le azioni a difesa del brevetto degli special mirrors.
- successivamente TAKAP “veniva a conoscenza di una lettera inviata in data 20/01/2006 da EUROPLAY ai clienti olandesi, con la quale la società opposta comunicava l’avvenuta risoluzione del contratto in essere con Repusel” e li informava che nuova distributrice degli special mirrors sarebbe stata la società Buko Twente, fino allora agente dell’odierna opponente; soltanto con lettera dd. 23/03/2006, e quindi due mesi dopo, EUROPLAY comunicava a TAKAP la risoluzione del contratto di distribuzione; ciò avvenne nonostante che, sia prima che dopo questa missiva, TAKAP continuasse –ma invano- a richiedere forniture di special mirrors; avesse garantito il pagamento delle nuove forniture; continuasse il pagamento di quelle rimaste insolute ed avesse addirittura proposto un prezzo d’acquisto migliorativo rispetto al passato.
Tanto premesso, l’opponente:
- in via preliminare di rito, eccepiva il difetto di competenza giurisdizionale del Giudice Italiano a conoscere della controversia in applicazione del Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio relativo alla competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (di seguito: Regolamento) ed in particolare dell’art. 23 del Regolamento relativo alla “proroga della competenza”; sosteneva dunque la società opponente che EUROPLAY avesse accettato, dando esecuzione al contratto, e comunque “non avesse contestato (..) pur conoscendole” le condizioni generali di contratto sempre apposte da TAKAP - per tutta la durata del rapporto commerciale “protrattosi per un periodo di oltre vent’anni”- a tergo di ogni ordine di acquisto di merci ed espressamente richiamate nel testo dell’ordine stesso; tra tali condizioni generali era appunto inserita un clausola di attribuzione di competenza esclusiva in favore del giudice olandese a conoscere delle controversie nascenti dal contratto;
- nel merito eccepiva la mancanza di “correttezza e buona fede di EUROPLAY nella esecuzione del rapporto contrattuale”, perché la società italiana non aveva consentito a TAKAP di dare esecuzione ad un piano di rientro dai debiti; aveva rifiutato di evadere gli ordini emessi dalla opponente; veva rifiutato di concorrere nelle spese sostenute da TAKAP per difendere giudizialmente il prodotto; aveva comunicato ai clienti di TAKAP la cessazione del rapporto di distribuzione ed aveva ad essi indicato il nuovo distributore prima ancora di recedere formalmente dal contratto;.
- eccepiva, poi, in compensazione un proprio diritto di credito per le spese legali sostenute per la difesa giudiziale dei prodotti EUROPLAY;
- eccepiva infine che il recesso senza preavviso dal rapporto le aveva cagionato danni patrimoniali e di immagine, di cui domandava in via riconvenzionale il risarcimento.
Con comparsa di costituzione e risposta depositata in cancelleria il 30 Gennaio 2007 si costituiva in giudizio EUROPLAY che:
- contestava che i rapporti commerciali tra le due società si fosse protratti per oltre vent’anni ed eccepiva che la specifica relazione commerciale era tra esse iniziata solo nel 2001, allorquando il sig Righi, titolare del brevetto relativo allo special mirror aveva affidato in esclusiva alla società EUROPLAY la distribuzione del prodotto;
- contestava che il rapporto contrattuale si potesse qualificare come concessione di vendita ed eccepiva che, in assenza di accordi scritti o verbali che regolassero il rapporto intercorrente tra le due società, ogni fornitura di specchi intergrasse un distinto contratto di compravendita “le cui condizioni venivano di volta in volta proposte da EUROPLAY ed accettate dalla controparte”;
- a tale ultimo riguardo, eccepiva che il contratto di vendita si perfezionava “non mediante l’accettazione da parte di EUROPLAY dell’ordine inviato da TAKAP bensì mediante l’accettazione della conferma d’ordine inviata dalla EUROPLAY a TAKAP e contenente le proprie condizioni di fornitura ed, a riprova, produceva alcune “conferme d’ordine” sottoscritte da TAKAP per accettazione; eccepiva, poi, che le condizioni generali di vendita poste a tergo dell’ordine di acquisto di TAKAP non erano mai state viste né conosciute da EUROPLAY, perché la prassi negoziale tra le due società era nel senso che TAKAP inviasse l’ordine via fax, senza alcuna condizione generale di vendita e quindi senza trasmettere il retro dell’originale del modulo d’ordine contenente tali condizioni;
- nel merito delle doglianze di TAKAP, l’opposta le contestava puntualmente, negando di avere agito in mala fede ed anzi replicando di avere sempre manifestato ampia disponibilità a consentire a TAKAP di rientrare dal debito, disponibilità poi tradita dalla società olandese; negava di essere receduta senza preavviso dal rapporto commerciale e replicava che la raccomandata del 23 Marzo 2006 era solo “l’ennesima comunicazione con cui EUROPLAY comunicava alla controparte che in mancanza di pagamento del dovuto le forniture” sarebbero state sospese ed il rapporto interrotto.
Sulla base di tali deduzioni, la società EUROPLAY respingeva l’eccezione processuale di difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano, negando che si fosse realizzata una proroga di competenza giurisdizionale ed affermando che, in ogni caso, la competenza del giudice italiano si dovesse affermare anche in base all’articolo 5 della Convenzione di Bruxelles del 27 Settembre 1968 relativo al luogo di esecuzione delle obbligazioni dedotte in giudizio.
Nel merito chiedeva al giudice di respingere le domande e le eccezioni di TAKAP e di autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo.
Alla prima udienza, celebrata il 31 Gennaio 2007, il giudice non autorizzava la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo, osservando che la società opponente aveva fornito un principio di prova scritta della eccezione di proroga della competenza giurisdizionale producendo in giudizio il documento rappresentativo dell’ordine contrattuale (doc. 15) contenente, appunto, nella parte posteriore la suddetta clausola di proroga della competenza; quindi assegnava i termini perentori del VI comma dell’articolo 183 c.p.c.
Solo TAKAP depositava la prima memoria autorizzata, con la quale si limitava a precisare le conclusioni. Entrambe le parti depositavano poi memoria istruttorie.
All’esito dell’udienza istruttoria del 2 maggio 2007 il giudice ammetteva soltanto alcuni capitoli di prova articolati da EUROPLAY sulla modalità di svolgimento delle fasi pre-contrattuali, al fine di pervenire alla definizione della questione della competenza giurisdizionale. Raccolta la prova, all’udienza del 18 settembre 2007, il giudice fissava udienza di precisazione delle conclusioni con contestuale discussione ex art. 281 sexies sulla eccezione d’incompetenza giurisdizionale, autorizzando le parti al deposito di brevi note conclusive.
All’udienza del 20 Novembre 2001 le parti precisavano le conclusioni e procedevano a discussione. La discussione era rinnovata all’odierna udienza, alla quale il giudice tratteneva la causa in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’eccezione d’incompetenza giurisdizionale sollevata da TAKAP si è dimostrata infondata e deve esser respinta.
La competenza resta pertanto radicata davanti al giudice italiano e la causa deve essere rimessa sul ruolo per la prosecuzione dell’attività istruttoria.
TAKAP ha dunque sollevato eccezione di “proroga della competenza”, in forza della quale le parti avrebbero attribuito la competenza a conoscere della controversia al giudice olandese a norma dell’articolo 23 del Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio del 22 Dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Regolamento cosiddetto Bruxelles 1).
La lite, per quanto riguarda la questione della competenza, è effettivamente soggetta a tale Regolamento.
Ricorrono infatti i presupposti, stabiliti dal Regolamento per la sua applicabilità, e cioè:
a) la materia “civile o commerciale” oggetto della causa, vertendosi in materia di pagamento di forniture commerciali (art. 1 del Regolamento) e comunque di rapporti commerciali;
b) la collocazione del domicilio delle parti nel territorio di Stati Membri dell’Unione Europea (art. 23 del Regolamento, per il quale è sufficiente che una delle parti sia domiciliata nel territorio di uno Stato membro);
c) l’inizio del procedimento successivamente al 1° Marzo 2002 (art. 66, primo comma del Regolamento), data di entrata in vigore del Regolamento stesso (art. 76).
Con riguardo al secondo presupposto di applicabilità del Regolamento, sopra evidenziato sub. lett. b), va osservato che la società TAKAP, è una società di diritto olandese con sede nei in Paesi Bassi nella città di Veenendaal e che EUROPLAY è società di diritto italiano con sede in Italia e precisamente nella città di Ala (TN).
Il Regolamento ha, invero, stabilito, nell’art. 60, un concetto “autonomo” di domicilio delle società e delle persone giuridiche, modificando così il criterio di rinvio al concetto internazionalprivatistico di sede sancito dall’art. 53 della Convenzione di Bruxelles del 27 Settembre 1968 (di seguito indicata come: Convenzione di Bruxelles) che il Regolamento è espressamente destinato a
sostituire (art. 68, primo comma).
Alla stregua dell’art. 60 del Regolamento ed in particolare delle specifiche indicazioni contenute nel comma secondo, la società TAKAP è domiciliata nei Paesi Bassi perché, a quanto è dato di comprendere dallo stesso “tipo societario” risultante dalla denominazione, nei Paesi Bassi si trova il luogo di incorporazione (place of incorporation) della società. Analogamente EUROPLAY è domiciliata in Italia perché ivi è stata costituita.
La questione della competenza giurisdizionale va dunque esaminata alla luce delle previsioni dell’articolo 23 del Regolamento, trattandosi della sola eccezione sollevata da TAKAP per contestare la competenza del giudice adito.
Tale questione, ove fondata, sarebbe peraltro idonea a definire il giudizio perché, come già affermato dalla Corte di Giustizia con riferimento all’art. 17 della Convenzione di Bruxelles – il cui contenuto è stato riprodotto nell’art. 23 del Regolamento -, la proroga convenzionale della competenza esclude sia la competenza determinata dal principio generale del Foro del convenuto, sancita dall’art. 2, sia le competenze speciali di cui all’art. 5 (Corte di Giustizia della Comunità Europa –di seguito Corte di Giustizia-, 20 Febbraio 1997, causa C-106/95, Mainschiffahrts-Genossenschaft eb (MSG) v. Les Gravihres Rhinanes SARL, in Raccolta, 1997, p. I-911 e pubblicata alla pagina web […]), articolo pure richiamato – seppur con erroneo riferimento alla previgente Convenzione - da parte opposta.
L’articolo 23 stabilisce infatti espressamente che la determinazione pattizia della competenza ha efficacia “esclusiva”.
Con riferimento a quanto testè osservato, va contraddetta l’affermazione di EUROPLAY per la quale il giudice non potrebbe tenere conto della giurisprudenza maturata dalla Corte di Giustizia in vigenza della Convenzione di Bruxelles, perché il considerando 19 del Regolamento afferma il principio della continuità interpretativa delle disposizioni della Convenzione di Bruxelles ad opera della Corte di Giustizia delle (allora) Comunità Europee.
Venendo dunque al contenuto dell’articolo 23 del Regolamento, esso pone dei limiti alla libertà delle parti di “prorogare la competenza” ed ammette tale proroga, che diviene in tal modo esclusiva, in soli tre casi, quando cioè la clausola è conclusa:
a) per iscritto o oralmente con conferma scritta, o
b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, o
c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.
Il presupposto per l’applicazione della norma è dunque quello che una clausola di proroga sia “conclusa” (si veda in tal senso: Corte di Giustizia, 16 Marzo 1999 in procedimento C-159/97, Trasporti Castelletti Spedizioni Internazionali Spa).
Quando si accerti che tale clausola sia stata “conclusa” si tratterà di stabilire, per attribuirvi efficacia e per giunta efficacia esclusiva, se sia stata conclusa in una forma tra le tre ammesse dall’articolo 23.
Il concetto di conclusione della clausola non è definito dalla norma né da altre norme del Regolamento e nemmeno dai considerando dello stesso Regolamento.
Tale concetto di conclusione evoca, in tutti gli ordinamenti nazionali, il consenso delle parti sul contenuto della proroga, essendo poi rimesso ai singoli ordinamenti nazionali la regolazione delle modalità di formazione del consenso.
Si tratta dunque di concetto giuridico presupposto dal Regolamento, che non offre invero elementi sufficienti, come avviene ad esempio nel caso dell’articolo 5 numero 1 lettera b) prima parte, per operare un’interpretazione autonoma (si veda Tribunale di Rovereto, 28 Agosto 2004, in Int’ Lis 2005, p. 121) ovvero “economica” (si veda Corte di Giustizia della Comunità Europea 3 Maggio 2007, Color Drack Gmbh) della previsione regolamentare.
Dovendosi dunque ricostruire il concetto giuridico di “conclusione” della clausola e non potendosi attingere alle fonti comunitarie, si deve allora individuare diversa fonte normativa della regolazione, stabilendo innanzitutto se essa vada ricercata nelle norme di diritto internazionale privato ovvero nel diritto materiale uniforme e precisamente, trattandosi di un caso di vendita internazionale – ed essendo, allo stato della causa, sprovvista di ogni riscontro probatorio la tesi sostenuta da TAKAP del contratto di concessione di vendita - nella Convenzione della Nazioni Unite sui contratti di vendita internazionali di beni mobili del 1980, ratificata con l. 11 dicembre 1985 n. 765 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988 (di seguito Convenzione di Vienna).
Tale Convenzione è, per quanto risulta dagli atti, applicabile al caso in esame, perché si controverte di plurime forniture di beni mobili tra due contraenti con sede in diversi Stati aderenti alla stessa Convenzione di Vienna.
Ritiene il giudice che tale Convenzione sia inoltre da preferire al diritto internazionale privato, perché si tratta della legge del rapporto sostanziale, che riveste, per definizione, carattere di specialità rispetto al diritto internazionale privato, in quanto risolve il problema sostanziale direttamente, ossia evitando il doppio passaggio consistente prima nella individuazione del diritto applicabile e poi nell’applicazione dello stesso (per questi concetti si vedano: Tribunale di Vigevano12 Luglio 2000 n. 405, in Giur. It. 2001, 201 e ss.; Tribunale di Rimini, 26 Novembre 2002 n. 3095, in Giur. It. 2003, pp. 896 e ss.).
Alla Convenzione di Vienna ed in particolare alla parte II relativa alla conclusione del contratto, che contiene le regole relative alla formazione del consenso, si dovrà fare dunque riferimento per stabilire se la clausola sia stata conclusa.
Ciò chiarito, si può in ogni caso escludere l’applicazione della lettera c) dell’articolo 23, perché la società TAKAP ha omesso di allegare l’esistenza di un uso che legittimi, nel caso di specie, la proroga della competenza.
Nella sentenza 16 Marzo 1999 in procedimento C-159/97 (cit.) la Corte di Giustizia ha stabilito che esiste un uso nel settore commerciale interessato quando, segnatamente, un determinato comportamento è generalmente e regolarmente osservato dagli operatori in tale settore in sede di stipula di contratti di un determinato tipo.
L’osservanza generale e regolare di un comportamento è un fatto che deve essere allegato e poi anche provato dalla parte che lo invoca (si veda Cassazione 27 Settembre 2006 n. 20887).
Parte opponente intende invece riportare la proroga all’ipotesi della lettera b dell’articolo 23, ossia ad una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro.
La tesi sostenuta da TAKAP è infatti che la clausola di proroga della competenza sia stata sempre apposta a tergo dell’ordine di acquisto della merce, nel corso di tutta la durata del rapporto commerciale con EUROPLAY, e che tale società abbia sempre dato esecuzione all’ordine. Tale comportamento delle parti avrebbe dunque dato vita ad una forma di conclusione della clausola proroga, costantemente praticata dalle stesse parti.
La tesi, ove risultasse provata, sarebbe effettivamente idoneo a fondare un’ipotesi di proroga di competenza (nel senso della validità di clausola di proroga di competenza contenute in fatture, condizioni generali di vendita, conferme d’ordine, quando tali documenti siano emessi nell’ambito di un rapporto commerciale continuato o consolidato, in guisa che il soggetto non predisponente, che già in passato avesse eseguito la prestazione senza contestare la clausola di proroga, non possa in buona fede negare l’esistenza di una proroga di competenza si veda: Corte di Giustizia, 14 Dicembre 1976, causa 25/76, Galeries Segoura SPRL. c. Società Rahim Bonakdarian, in raccolta, 1976 p. 1851; nello stesso senso: Corte di Giustizia, 19 Giugno 1984, causa 71/83, Partenreederei ms Tilly Russ ja Ernest Russ v NV Haven- & Vervoerbedrijf Nova NV Gemine Hout, in Raccolta, 1984, 2417; ma pure Corte di Cassazione SS. UU 26 Aprile 1995 n. 4625).
La Convenzione di Vienna ammette infatti che il consenso si formi anche a mezzo di un’accettazione per fatti concludenti (art. 18): il comportamento esecutivo di una proposta scritta di acquisto, attuato mediante la consegna dei beni oggetto della proposta, è un fatto concludente dell’avvenuta accettazione.
La tesi sostenuta da TAKAP è però smentita in punto di fatto. La società EUROPLAY ha infatti dimostrato, producendo documentazione (doc. 3) ed anche a mezzo di prove testimoniali, che essa non si limitava a dare esecuzione alla proposta ma inviava una conferma d’ordine scritta - contenente a sua volta alcune condizioni generali di contratto- che veniva poi restituita controfirmata da TAKAP.
La suddetta versione dei fatti, sostenuta da EUROPLAYnella comparsa di costituzione e risposta, ha non solo trovato conferma nelle prove raccolte ma non è stata nemmeno espressamente contestata da TAKAP nella successive memorie difensive.
E’ stato dunque provato da EUROPLAY che la formazione del consenso contrattuale non avveniva, nella stessa pratica commerciale invalsa tra le parti, per fatti concludenti ma si svolgeva attraverso scritture.
L’eccezione di incompetenza giurisdizionale sollevata da TAKAP deve pertanto essere esaminata alla luce della lettera a) dell’art. 23 e non della lettera b.
In particolare il caso in esame impone il giudice di stabilire quando le condizioni generali di contratto possano considerarsi parte del contenuto di un contratto di vendita internazionale, tenendo conto che nella pratica del commercio internazionale, la parte che prende l’iniziativa (il proponente) spesso cerca di includere le proprie condizioni generali di contratto nel contenuto dell’accordo.
Tale questione non pone problemi particolari per l’applicabilità della Convenzione di Vienna, perché la conclusione di condizioni generali di contratto, pur non essendo espressamente regolata dalla parte II della Convenzione, può essere fatta rientrare nel meccanismo generale di formazione del consenso contrattuale che si compone di proposta e di accettazione.
In tale prospettiva si deve chiarire innanzitutto se l’apposizione di clausole generali a tergo di una proposta contrattuale scritta, nel caso in cui tali clausole siano richiamate nel documento contrattuale contenente il corpo della proposta, possano essere considerate come parte integrante della proposta stessa.
La risposta positiva è stata fornita tanto dalla Corte di Giustizia (sentenza 16 Marzo 1999 in procedimento C-159/97, cit.) e dalla Corte di Cassazione italiana (si veda da ultimo Cass. SS.UU. 27 Settembre 2006) con riferimento sia all’art 17 della Convenzione di Bruxelles sia all’articolo 23 del Regolamento quanto dalla giurisprudenza dei Paesi degli Stati aderenti alla Convenzione di Vienna che ha interpretato gli articoli 8 e 14 della Convenzione (V. AG Nordhorm, 14 Giugno 1994, pubblicata alla pagina web […]).
In tutti i casi considerati i giudici hanno dunque ritenuto che possano considerarsi parte integrante della proposta contrattuale le condizioni generali di contratto stampate a tergo di un formulario d’ordine che rechi sulla pagina anteriore un riferimento espresso alle stesse condizioni.
La giurisprudenza interpretativa della Convenzione di Vienna ha anche ritenuto che, ai fini della completezza della proposta contrattuale, non sia necessario che le condizioni generali siano “evidenziate” all’interno del contratto reputando invece sufficiente un richiamo nel testo della proposta contrattuale del documento che le contiene (V. Bundeserichthof, 31 ottobre 2001, pubblicata alla pagina web […]).
Il caso in esame riserva peraltro delle complicazioni in punto di fatto.
Innanzitutto perché la società EUROPLAY afferma di non avere mai ricevuto né visto le condizioni generali di contratto apposta a tergo della proposta contrattuale di TAKAP ed ha eccepito, per il vero fornendo anche prove documentali (copie e fax) e testimoniali sul punto, che tale proposta d’ordine le veniva inviata via fax, senza alcun accompagnamento di condizioni generali.
In secondo luogo perché EUROPLAY ha dimostrato, a mezzo di documentazione e di testimoni, che essa rispondeva alla proposta contrattuale inviando una conferma d’ordine scritta che conteneva in calce proprie e peculiari condizioni generali di contratto, conferma d’ordine che veniva poi sottoscritta per accettazione da TAKAP.
Ebbene il primo dei due profili testè considerati, risulta assorbente della seconda questione che attiene ad un problema teorico, noto ai commentatori della Convenzione di Vienna come battle of forms.
Ritiene infatti il giudice che, alla luce della Convenzione di Vienna, nel caso di specie sia mancata una proposta completa, in quanto riferita anche alle condizioni generali di contratto, e sia conseguentemente mancata l’accettazione di quelle condizioni generali.
Il problema deve essere affrontato alla luce dell’articolo 8 della Convenzione delle Nazioni Unite sulla vendita internazionale di beni mobili, il primo comma del quale stabilisce che: “ Ai fini della presente Convenzione, le indicazioni ed altri comportamenti di una parte devono essere interpretati secondo l'intenzione di quest'ultima quando l'altra parte era a conoscenza o non poteva ignorare tale intenzione”.
Tale norma va intesa, con riferimento al caso di specie, nel senso che un’efficace inclusione delle condizioni generali di contratto presuppone in primo luogo che la volontà del proponente di includere le proprie condizioni generali di contratto sia riconoscibile al destinatario della proposta ed, in secondo luogo, che il destinatario possa venire a conoscenza delle condizioni generali di contratto”, perché la conoscenza, o meglio la conoscibilità delle stesse, è il presupposto per una consapevole accettazione.
Nel caso di specie, il primo dei due presupposti, ossia la volontà riconoscibile del proponente di includere condizioni generali di contratto, risulta per tabulas dallo stesso documento contenente la proposta contrattuale, nel quale è espressamente manifestata la volontà di TAKP di includere nel rapporto contrattuale le proprie condizioni generali di vendita.
Ciò che è carente, o almeno non è stato dimostrato a fronte della contestazione di EUROPLAY, è invece la seconda condizione e cioè l’invio da parte dell’accettante delle proprie condizioni generali o comunque la messa a disposizione con altra idonea modalità.
Per la Convenzione di Vienna la proposta contrattuale è un atto recettizio. Non è pertanto rilevante che le condizioni contrattuali possano essere eventualmente reperite dal destinatario della proposta, perché, come affermato sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza, l’aderente non ha l’obbligo di adoperarsi per venirne a conoscenza ma è piuttosto il predisponente che in virtù di un generale obbligo di cooperazione ed informazione tra le parti, emanazione del principio generale di buona fede su cui si basa la Convenzione di Vienna, deve rendere il documento contenente le condizioni “accessibile al destinatario della proposta” (si veda Bundesgerichthof, 31 ottobre 2001, pubblicata alla pagina web […]), o nella lingua del contratto o in quella della controparte o comunque in una lingua da quest’ultima conosciuta.
A fronte delle esposte argomentazioni, è dunque infondata la tesi di TAKAP per la quale, in virtù della costante richiamo nella proposta contrattuale delle condizioni generali di contratto, sarebbe stato comunque onere di EUROPLAY attivarsi per conoscerle.
Ne consegue che la clausola di proroga di competenza in favore del giudice olandese, contenuta in tali condizioni generali, non è stata conclusa, con conseguente rigetto dell’eccezione.
Mette, tuttavia, conto osservare che alla stesa conclusione si sarebbe pervenuti anche nel caso in cui TAKAP avesse dimostrato l’avvenuta conclusione della clausola di proroga in una delle forma ammesse dal Regolamento, perché EUROPLAY ha dimostrato, con documenti e per testimoni, che, per pratica commerciale, essa replicava alla proposta di TAKAP con una conferma d’ordine contenente proprie condizioni generali e che tale conferma d’ordine era accettata da TAKAP per iscritto.
La conferma d’ordine, modificativa della proposta, va ritenuta, alla luce dell’articolo 19 della Convenzione di Vienna come una nuova proposta contrattuale che conduce alla formazione del consenso nel momento in cui viene accettata.
Nel caso in esame, risulta dunque provato, che EUROPLAY accettava la controproposta di TAKAP e che attorno a tale controproposta, che determinava il contenuto contrattuale, si formava il consenso tra le parti.
Si deve poi osservare che tanto le condizioni generali di TAKAP che quelle di EUROPLAY sono tra di loro confliggenti e che quelle di EUROPLAY sono idonee ad alterare in modo “sostanziale”, secondo il concetto contenuto nel secondo e terzo comma dell’articolo 19 della Convenzione di Vienna, la proposta contrattuale predisposta da TAKAP.
Per tale caso, ritiene il giudice, che seppure, si ripete, TAKAP avesse dimostrato di avere messo a disposizione del destinatario della proposta le proprie condizioni generali, tali condizioni non sarebbero entrate a far parte del contenuto del contratto, perché il contenuto contrattuale è stato comunque determinato dalla diversa controproposta del destinatario che ha alterato in modo “sostanziale” il contenuto della proposta originaria; tale controproposta è stata in fine accettata dal proponente.
P.Q.M.
Respinge l’eccezione di incompetenza giurisdizionale del giudice italiano sollevata da TAKAP B.V. e rimette le parti davanti a sé come da separata ordinanza.}}

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