Data

Date:
27-09-2006
Country:
Italy
Number:
20887
Court:
Corte Suprema di Cassazione, Sez. Un.
Parties:
Saneco s.a. v. Toscoline s.r.l

Keywords

JURISDICTION - COUNCIL REGULATION (EC) NO. 44/2001 - "PLACE OF PERFORMANCE" UNDER ART. 5(1)(B)

NOTION OF "PLACE OF DELIVERY" UNDER THE REGULATION - TO BE INTERPRETED IN ACCORDANCE WITH ART. 31(A) CISG

CIF TERM IN SALES CONTRACT - DOES NOT AFFECT PLACE OF DELIVERY UNDER ART. 31(A) CISG

Abstract

A French seller and an Italian buyer entered into two agreements for the sale of textiles. When the buyer discovered that the goods were defective, it brought an action against the seller before an Italian court claiming a reduction of the price plus damages. The seller objected to the jurisdiction of the Italian court on the ground of a forum selection clause in favor of the French courts inserted in its standard terms, allegedly incorporated into the contract. The seller also asserted that, in any case, French courts had jurisdiction over the case by virtue of Art. 5 of Council Regulation (EC) no. 44/2001 on Jurisdiction and the Recognition and Enforcement of Judgments in Civil and Commercial Matters (hereinafter: the Regulation), according to which, in matters relating to a contract, defendant may be sued in the courts for the place of performance of the obligation in question. The buyer asserted that the forum selection clause in favor of a French court in the seller’s standard terms could not be held valid since it had not at any time been known to or accepted by the buyer, and that the Regulation was not applicable since it entered into force after the conclusion of the two contracts.

The Supreme Court held that the Italian court did not have jurisdiction over the case. In reaching this conclusion, it first of all found that the Regulation did apply since the claim had been brought after the Regulation had entered into force.
Secondly, the Court denied that the parties had validly agreed upon a forum selection clause. In the opinion of the Court, none of the criteria set out in Art. 23 of the Regulation had been met: the clause had neither been accepted by the buyer in writing nor evidenced in writing (Art. 23, lit a, Regulation); nor was it possible to consider the clause as having been implicitly accepted by the buyer on account of the fact that buyer had rendered performance (payment of price) under the contract without objecting to the seller’s standard terms (incorporating the forum selection clause). Contrary to what the seller had asserted, such conduct by the buyer did not reveal the existence of an agreement on the forum selection clause between the parties or the existence of a practice between them to this effect (Art. 23, lit. b). Lastly, it could not be argued that the clause had been accepted in a form which accords with an international usage of which the parties were or ought to have been aware (Art. 23, lit. c, Regulation), since the seller did not give evidence of the existence, in the specific trade concerned, of a usage concerning incorporation of forum selection clauses into the contract and the buyer's failure to object to the seller’s standard terms could not per se represent adequate proof of the objective existence of such a usage.

Instead the Court found grounded the seller’s argument that jurisdiction was vested in the French courts pursuant to Art. 5 of the Regulation. Contrary to the Brussels Convention which merely states that a person domiciled in a contracting State may be sued in the court for the place of performance of the obligations in question, the Regulation expressly provides that, in the case of a sales contract, the place of performance is the place “where the goods were delivered or should have been delivered” (Art. 5(1)(b)). Considering that the Regulation aims to provide for an autonomous and uniform set of rules governing the matter, the Court found that, in order to determine the place of delivery under Art. 5(1)(b) of the Regulation, Art. 31(a) CISG was to be applied. As a result, since in the case at hand the goods had been handed over to the first carrier for transmission to the buyer partly in France and partly in Belgium, and the “CIF” term contained in the contract did not mean that the parties had agreed upon delivery in Italy, jurisdiction by the Italian Courts had to be denied.

Fulltext

(...)

Sul ricorso proposto da:

SANECO S.A., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA XX SETTEMBRE 118, presso lo
studio degli avvocati PLANTADE FRANCOISE MARIE, MARIA PIA POSI,
giusta procura speciale del notaio Dott. Patrick Leturgie di
Bailleul, rep. 8454 01 del 04/09/04, in atti;

- ricorrente -

contro

TOSCOLINE S.R.L., in persona del legale rappresentante pro-tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE TUPINI 133, presso lo studio
legale DE ZORDO & BRAGAGLIA, rappresentata e difesa dall'avvocato
BRUNORI DARIO, giusta delega a margine del controricorso;

- controricorrente -

per regolamento preventivo di giurisdizione in relazione al giudizio
pendente n. 1485/02 del Tribunale di PRATO;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il
08/06/2006 dal Consigliere Dott. Francesco TRIFONE;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott.
Fulvio UCCELLA, il quale chiede che le Sezioni unite della Corte di
Cassazione, in camera di consiglio, accolgano il presente ricorso e,
per l'effetto, dichiarino il difetto di giurisdizione del giudice
italiano, con ogni conseguente provvedimento come per legge.

Fatto
Con citazione del 15 maggio 2002 la societa` italiana Toscoline s.r.l., avente la sua sede in Prato, conveniva in giudizio, innanzi al tribunale della stessa citta`, la societa` francese Saneco s.a. perche`, accertati i vizi ed i difetti della merce che le era stata fornita, venisse dichiarata, ai sensi dell'art. 1492 cod. civ., la riduzione del prezzo in ragione di Euro 39.494,57 (ovvero della diversa somma ritenuta di giustizia) e la societa` convenuta fosse condannata al risarcimento dei danni.
La societa` convenuta, che costituendosi aveva eccepito che per le domande proposte nei suoi confronti fosse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, proponeva, per tale motivo, regolamento preventivo di giurisdizione.
Esponeva che:
a) aveva venduto alla societa` Toscoline s.r.l. un ingente quantitativo di tessuto greggio;
b) nelle condizioni generali di vendita, riportate anche sul retro delle fatture emesse, era
inserita la clausola (art. 11), che stabiliva la competenza del tribunale di commercio di
Hazenbrouk per ogni controversia tra le parti in ordine all'interpretazione, all'esecuzione ed alla cessazione dei due contratti;
c) sussistevano le condizioni previste dall'art. 23 del Regolamento 44/2001 CE (sostitutivo
della norma dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968) per la deroga della competenza a favore del giudice francese, giacche` la relativa clausola era stata conclusa (ovvero confermata) per iscritto o, comunque, in forma ammessa dalle pratiche intercorse tra le parti e dall'uso del commercio internazionale;
d) in ogni caso, indipendentemente dalla deroga pattizia o secondo gli usi, il difetto di
giurisdizione del giudice italiano derivava dalla previsione dell'art. 5 del predetto
Regolamento 44/2001 CE (gia` art. 5 n. 1 della Convenzione di Bruxelles), secondo cui nella materia contrattuale la persona domiciliata nel territorio di uno Stato membro puo` essere convenuta davanti al giudice del luogo ove l'obbligazione e` stata eseguita, dato che - con riferimento alla ipotesi della vendita internazionale di beni mobili, per la quale l'art. 31 della Convenzione di Vienna del 1980 stabilisce che l'obbligo di consegna e` soddisfatto dal venditore con l'affidamento della merce al primo vettore, affinche` essa pervenga all'acquirente
- nella specie l'obbligazione a carico di essa societa` alienante era stata eseguita con la
consegna allo spedizioniere della merce, parte in Francia e parte nel Belgio.
Resisteva al ricorso la societa` Toscoline s.r.l., che chiedeva dichiararsi la giurisdizione del
giudice italiano in base alle seguenti ragioni:
1) i due contratti, nei quali sarebbe stata prevista la deroga a favore della competenza del
giudice francese nel tribunale di Hazenbrouk, non erano stati mai portati a conoscenza di essa societa` acquirente, con la conseguenza che le condizioni generali in essi previste non potevano esserle opposte siccome "mai viste ne` conosciute";
2) la fatture costituivano semplici documenti contabili e non rivelavano alcuna fase formativa del contratto, in quanto suggellavano soltanto in via contabile un negozio in precedenza concluso;
3) il Regolamento 44/2001 CE non era nella specie applicabile, perche` esso era entrato in
vigore successivamente alla stipulazione dei due contratti e, trovando invece applicazione
l'art. 5 n. 1 della Convenzione di Bruxelles, doveva, in virtu` di detta norma, ritenersi che per l'obbligazione dedotta in giudizio (avente ad oggetto la riduzione del prezzo ed il risarcimento dei danni in riferimento ad ipotesi di contratto di compravendita internazionale di cose mobili, da eseguire, percio`, al domicilio del creditore) era competente il giudice italiano, conclusione alla quale si sarebbe dovuto giungere anche per il fatto che le parti avevano previsto che la consegna della merce dovesse avvenire in Prato, luogo diverso da quello di affidamento dei beni al vettore per il trasporto.
Il Pubblico Ministero, nelle sue conclusioni scritte, chiedeva che fosse dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice italiano, sia perche` tra le parti era stato concluso un contratto
contenente la clausola di deroga della giurisdizione italiana a favore di quella francese; sia
perche` risultava applicabile alla fattispecie la norma di cui all'art. 5, n. 1 della Convenzione di Bruxelles.

Diritto
Provvedendo sul ricorso, rileva questo giudice di legittimita` che deve essere dichiarato il
difetto di giurisdizione del giudice italiano.
Al riguardo, si osserva preliminarmente che contrariamente a quel che assume la societa`
francese Saneco s.a. ed a quanto sostiene anche il P.M. nelle sue conclusioni - nella specie
deve, ratione temporis, farsi applicazione della disciplina prevista dal Regolamento 44/2001 CE, che e` entrata in vigore in data 1 marzo 2002, successivamente alla stipulazione dei due contratti per i quali e` causa, ma anteriormente alla notificazione della citazione in data 15 maggio 2002).
Dispone, infatti, in proposito l'art. 66, comma 1, che "le disposizioni del presente
Regolamento si applicano solo alle azioni proposte ed agli atti pubblici formati
posteriormente alla sua entrata in vigore", per cui, dovendo il momento della proposizione
della domanda essere determinato in rapporto al diritto processuale del foro adito, deve
ritenersi che la domanda al giudice italiano, che e` stata introdotta con l'atto di citazione
notificato il 15 maggio 2002, rientra tra le "azioni proposte" successivamente all'entrata in
vigore del Regolamento (obbligatorio per tutti gli Stati membri della Comunita` Europea, fatta eccezione per la Danimarca nei previsti casi), la cui disciplina ha sostituito, quanto alla "materia civile e commerciale", quella della Convenzione di Bruxelles relativamente alla
competenza giurisdizionale ed alla esecuzione di decisioni nella predetta materia.
La questione di giurisdizione, in relazione al primo dei profili dedotti, deve essere esaminata con riguardo alla sussistenza della clausola di deroga pattizia a favore del giudice francese, deroga che, secondo la prospettazione della societa` ricorrente, dovrebbe derivare per le seguenti ragioni:
1) la clausola n. 11 di attribuzione delle controversie al giudice francese, inserita nelle
condizioni generali del contratto predisposte dalla societa` francese, sarebbe stata accettata dalla societa` italiana per il fatto che, conoscendole, la societa` Toscoline srl aveva dato successiva esecuzione al contratto;
2) le medesime condizioni generali erano riportate sul retro delle fatture, rimesse dalla societa` francese a quella italiana e da questa pagate, per cui la mancata formulazione di obiezioni al riguardo costituirebbe la prova dell'esistenza di un accordo sulla deroga della giurisdizione a favore del giudice francese;
3) la mancata espressa sottoscrizione della clausola da parte della societa` Toscoline srl non impedirebbe l'operativita` della deroga, poiche` l'attribuzione di competenza al giudice francese dovrebbe farsi rientrare nell'ambito degli abituali rapporti commerciali tra le parti.
Premesso che in tema di giurisdizione questa Corte giudica anche del fatto e deve procedere all'apprezzamento dirette) delle risultanze e degli atti di causa, in modo indipendente dalle deduzioni delle parti (Cass. 7 sez. un., n. 79/99), si osserva che, nel caso in esame, la norma che disciplina il patto derogatorio e` quella dell'art. 23 del Regolamento 44/2001 CE, che, con disposizione sostanzialmente analoga a quella dell'art. 17, comma 1, della Convenzione di Bruxelles 27 settembre 1968, stabilisce che la clausola attributiva di competenza "deve essere conclusa: a) per iscritto o oralmente con conferma scritta, o b) in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra di loro, o c) nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, e` ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello
stesso tipo nel ramo commerciale considerato".

Ritiene questa Corte che non si e` realizzata nessuna delle tre previste ipotesi di patto
derogatorio.
Infatti anche in riferimento all'art. 23 del Regolamento 44/2001 CE, come gia` in tema di
interpretazione dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles, deve confermarsi che il requisito della forma scritta, richiesto per la clausola di proroga della giurisdizione in favore di uno
degli Stati aderenti, e` rispettato, per il caso in cui la clausola stessa figuri fra lecondizioni
generali predisposte da uno dei contraenti e stampate nel documento contrattuale, solo quando questo sia sottoscritto da entrambe le parti e contenga un richiamo espresso a dette condizioni generali, ancorche` il richiamo non debba essere conforme anche alla previsione specifica dell'art. 1341 cod. civ..
L'indicato requisito, pertanto, deve ritenersi mancante, in presenza di clausola inserita in un modulo sottoscritto da uno soltanto dei contraenti, non essendo all'uopo sufficiente ne` che l'altro contraente abbia provveduto a predisporre il modulo stesso, ne` che abbia poi tenuto un comportamento di conferma ed adesione al rapporto.
Sul punto, invero, la giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis:
Cass., sez. un., n. 7503/2004; Cass., sez. un., n. 6634/2003; Cass., sez. un,, n. 1150/2002), in consonanza alla giurisprudenza comunitaria, ha gia` affermato, in riferimento alla norma dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles, che essa, subordinando la validita` della clausola di deroga della giurisdizione all'esistenza di una convenzione, vincola il giudice a prendere in esame, in primo luogo, se la clausola attributiva di competenza giurisdizionale abbia effettivamente costituito oggetto del consenso delle parti, precisando che, nel caso in cui una clausola del genere figuri tra le condizioni generali stampate a tergo di un modulo contrattuale, cio` non vale ad integrare idonea deroga, dato che da tale procedimento nessuna garanzia viene fornita che la controparte abbia effettivamente aderito alla clausola derogatoria del diritto comune in materia di competenza giurisdizionale e che solo nel caso in cui il contratto, sottoscritto da entrambe le parti, contenga un richiamo espresso a dette condizioni generali, deve ritenersi rispettato il requisito della prescritta forma.

Il risultato interpretativo di cui innanzi deve ricevere conferma anche nella esegesi della
norma dell'art. 23 del Regolamento 44/2001 CE, la cui disciplina sul tema e` sostanzialmente improntata, nel suo dato letterale e nella complessiva sua ratio, a quella pregressa della Convenzione di Bruxelles, con la conseguenza che deve essere escluso che, nella specie, sia intervenuta idonea deroga pattizia della giurisdizione.
E' pacifico, invero, che la clausola attributiva della competenza giurisdizionale non fu
conclusa per iscritto, in quanto essa figurava soltanto nelle condizioni generali, predisposte dalla societa` alienante ed inviate alla societa` acquirente, ma da quest'ultima non sottoscritte ne` altrimenti richiamate; e neppure si assume che sia stata data conferma per iscritto di un'eventuale pattuizione, di analogo contenuto, stipulata verbalmente.

La circostanza e` ammessa dalla medesima societa` ricorrente, che in ricorso espressamente dichiara che la societa` Toscoline s.r.l non aveva approvato per iscritto la clausola di proroga.
Sostiene, tuttavia, la ricorrente che, al fine di negare l'efficacia di quella unilateralmente
predisposta, la medesima societa` acquirente avrebbe dovuto contestare il contenuto delle
condizioni generali riportate sul retro delle fatture inviate alla societa` acquirente, per cui,
avendone effettuato il pagamento in corrispettivo del prezzo della merce, avrebbe in tal modo aderito implicitamente alla proroga della giurisdizione.
Ma anche tale argomento non e` fondato, poiche` e` evidente l'errore della ricorrente nel ritenere realizzata l'adesione della controparte non in forma scritta, ma mediante un comportamento successivo dell'acquirente, che, essendo invece diretto solo all'adempimento della sua obbligazione di pagamento del prezzo, non puo` valere quale manifestazione di consenso alla deroga della giurisdizione a favore del giudice francese.
Ne` la pretesa deroga puo` dirsi realizzata sul presupposto che il relativo patto abbia rivestito una "forma ammessa" dagli usi nel commercio internazionale, che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere.
La Corte di giustizia delle Comunita` europee, in tema di interpretazione della citata norma dell'art. 17 della Convenzione di Bruxelles circa la sussistenza di un uso (conosciuto dalle parti o ad esse presuntivamente noto) nel commercio internazionale della clausola di deroga convenzionale della giurisdizione, con la sentenza del 16 marzo 1999 emessa nel procedimento C-159/97 ha chiarito che deve ritenersi l'esistenza di un siffatto uso quando il comportamento, che a tal fine deve venire all'evidenza, e` generalmente e regolarmente osservato dagli operatori attivi in tale settore in sede di stipulazione di contratti di un determinato tipo, restando irrilevanti il grado di diffusione di tale comportamento, le forme di pubblicita`, le contestazioni giudiziali ed il collegamento con i requisiti eventualmente diversi previsti dai singoli ordinamenti nazionali.
L'onere di provare la "forma ammessa" e` a carico del soggetto che invoca la relativa proroga e la societa` Saneco s.a. non ha dimostrato che, nel settore del commercio internazionale in cui le parti hanno operato, sia vigente un uso corrispondente ad un comportamento "generalmente e regolarmente" osservato dagli operatori attivi in tale settore in sede di stipulazione di contratti.
La ricorrente sembra voler collegare siffatta prova al fatto che la clausola di deroga,
unilateralmente predisposta dalla societa` alienante e conosciuta dalla societa` acquirente, da quest'ultima non era stata contestata al momento del pagamento delle fatture, sicche` il suddetto comportamento di non contestazione starebbe a significare l'implicito riconoscimento che una prassi siffatta debba rientrare a pieno titolo tra le "forme ammesse" dagli usi del commercio internazionale.

Ma la tesi non puo` essere condivisa, dato che la mancata contestazione della controparte, ove anche ad essa potesse darsi il significato di implicita e soggettiva opinione della esistenza di un uso conforme, non puo` costituire, tuttavia, idonea dimostrazione dell'oggettiva e reale presenza di un siffatto uso.
La questione di giurisdizione e`, invece, fondata in relazione al secondo dei profili esposti
dalla societa` ricorrente, la quale ha dedotto che il difetto di giurisdizione del giudice italiano deve essere ritenuto in applicazione, comunque, della regola di cui all'art. 5 n. 1 del Regolamento 44/2001 CE, secondo cui nella materia contrattuale, analogamente alla
previsione della Convenzione di Bruxelles (art. 5, n. 1), consente all'attore di citare il
convenuto, domiciliato nel territorio di uno Stato membro, davanti al giudice di un altro Stato membro se questo corrisponde con il "giudice del luogo in cui l'obbligazione dedotta in giudizio e` stata o deve essere eseguita".
A differenza della Convenzione di Bruxelles la quale, secondo la risalente interpretazione che ne ha dato il Giudice comunitario (Corte giust. CE in causa 14/76, De Bloos; Corte giust. CE in causa 12/76, Tessili), richiede che sia prima individuata l'obbligazione specifica oggetto della domanda e che, quindi, in base alle norme del diritto internazionale privato, sia determinato il locus destinatae solutionis di quell'obbligazione, la norma dell'art. 5, n. 1, lett. b), del Regolamento 44/2001 CE, con riferimento al contratto di compravendita di beni ed a quello di prestazione di servizi, non richiede che debbano essere prima accertati quali siano l'obbligazione di volta in volta dedotta in giudizio ed il luogo di adempimento di essa in base alla lex causae o al diritto materiale uniforme eventualmente applicabile.
Il valore precettivo essenziale della norma del Regolamento 44/2001 CE, invero, consiste
essenzialmente nel fatto che e` essa stessa, in via autonoma, a stabilire che, per tutte le
obbligazioni derivanti dal contratto di compravendita (a carico sia dell'alienante, sia
dell'acquirente), viene sempre ed unicamente in rilievo "il luogo situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati".
Il Regolamento, tuttavia, non definisce anche se per "luogo di consegna" debba essere inteso quello effettivo, nel quale i beni alienati sono materialmente acquisiti dal compratore (secondo un criterio aderente al semplice elemento letterale della norma, siccome sostiene la societa` resistente, che percio` fa riferimento al circondario di Prato, in cui e` il comune di Montemurlo, luogo della sua sede); ovvero quello in cui i beni alienati sono dal venditore affidati al primo trasportatore per il successivo inoltro al compratore, il quale, secondo la suddetta modalita` prevista in contratto, ne accetta., in tal modo, la consegna, liberando il debitore dalla relativa obbligazione.
Occorre, allora, considerare che - non potendosi allo scopo utilizzare definizioni proprie del diritto nazionale (quale potrebbe essere, per il caso in questione, quella di cui all'art. 1510 cod. civ., comma 2), dalla cui applicazione rischierebbe di essere vanificata la finalita` del Regolamento di introdurre, anche sul punto, l'autonoma ed unificante disciplina della materia
- e` necessario fare ricorso, in tema di contratto di compravendita, alla Convenzione di Vienna ui contratti di vendita internazionale di beni mobili, adottata l'11 aprile 1980 e resa esecutiva
con la L. 11 dicembre 1985.
Ne consegue che, al fine di ritenere od escludere la giurisdizione del giudice italiano, il
criterio di collegamento applicabile e` quello indicato dall'art. 31 della suddetta Convenzione, norma secondo la quale, ove sia dedotto l'inadempimento all'obbligazione di fornitura di merci e sempre che il venditore non sia obbligato a consegnare i beni in un altro luogo determinato, l'obbligazione di consegna del venditore, qualora il contratto di vendita implichi il trasporto dei beni, deve intendersi adempiuta con la consegna dei beni al primo vettore per la trasmissione al compratore (Cass., sez. un., n. 14837/2003).
Orbene, nella specie l'obbligazione a carico di essa societa` alienante risulta essere stata
eseguita con la consegna allo spedizioniere della merce, parte in Francia e parte nel Belgio, sicche` resta escluso il criterio di collegamento con la giurisdizione italiana, non potendosi ritenere, secondo quel che assume la societa` Toscoline s.r.l., che le parti abbiano inteso stabilire che la societa` alienante fosse obbligato a consegnare la merce in un luogo determinato in Italia per il fatto che le condizioni di trasporto della erano assistite da clausola CIF circa la consegna della merce a Prato o Montemurlo.
Devesi, infatti, al riguardo ribadire, secondo quanto pure la giurisprudenza di questa Corte ha gia` affermato (Cass., sez. un., n. 8359/90), che la sussistenza del patto espresso circa la consegna in luogo diverso da quello di affidamento della merce al vettore non puo` essere ravvisata nella clausola CIF/FIO, atteso che questa comporta l'assunzione da parte del venditore del costo del trasporto e degli oneri connessi, ma non implica, di per se`, lo
spostamento convenzionale di quel luogo della consegna.
In accoglimento del ricorso va, pertanto, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice
italiano.
La societa` resistente e` condannata a pagare le spese del presente procedimento di cassazione nella misura indicata in dispositivo.

P.Q.M.
La Corte di cassazione a Sezioni Unite, pronunciando sul regolamento di giurisdizione,
dichiara il difetto di giurisdizione del giudice italiano e condanna la societa` resistente alle
spese del presente procedimento, che liquida in complessivi Euro 2.100,00 (duemilacento/00), di cui Euro 2.000,00 (duemila/00) per onorari, altre spese generali ed accessori come per legge.
Cosi` deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 8 giugno 2006.
Depositato in Cancelleria il 27 settembre 2006}}

Source

Original in Italian:
-- available at the University of Basel website, http://www.cisg-online.ch}}