Data

Date:
24-08-2006
Country:
Italy
Number:
1537/05
Court:
Tribunale di Rovereto
Parties:
Euroflash Impression S.a.s. v. Arconvert S.p.A.

Keywords

JURISDICTION - EUROPEAN COUNCIL REGULATION NO. 44/2001 - "PLACE OF PERFORMANCE" UNDER ART. 5 (1)(B)

NOTION OF "PLACE OF DELIVERY" UNDER THE REGULATION - TO BE INTERPRETED AUTONOMOUSLY - RECOURSE TO ART. 31(A) CISG EXCLUDED

STANDARD FORMS ATTACHED TO CONFIRMATION OF ORDER - AMOUNTING TO NEW OFFER (ART. 19 CISG).

Abstract

An Italian seller and a French buyer entered into an agreement for the supply of goods to be delivered in instalments. After delivery, a dispute arose as the buyer had notified the seller that the goods were defective and not suitable for their ordinary use. Failing any attempt to settle the dispute amicably, the Italian Court ordered the buyer to pay the purchase price. The buyer appealed, arguing inter alia that the jurisdiction was vested not in Italian courts, but in French courts, since according to European Council Regulation no. 44/2001 on Jurisdiction and the Recognition and Enforcement of Judgments in Civil and Commercial Matters (hereinafter: the Regulation), in matters relating to a contract defendant may be sued in the Courts of the place of performance of the obligation in question (in the case at hand: delivery of the goods, which had been made in France). Moreover, the forum selection clause in favor of Italian Courts contained in the seller’s standard terms could not be held valid since it had not at any time been accepted by the buyer in writing or evidenced in writing as required by Art. 23(a) of the Regulation. On its part, the Italian seller insisted on the fact that the forum selection clause contained in its standard terms was valid, since as provided by Art. 23(c) of the Regulation in international trade such clauses may be “in a form which accords with a usage of which the parties are or ought to have been aware and which in such trade or commerce is widely known to, and regularly observed by, parties to contracts of the type involved in the particular trade or commerce concerned”. It added that, in any case, the place of performance was be determined by applying CISG, with the result that the place of delivery was to be the place of handing the goods over to the first carrier in Italy (Art. 31 CISG).

The Italian Tribunal declined jurisdiction over the case. In reaching this conclusion, it first of all pointed out that, contrary to the 1968 Brussels Convention, the Regulation expressly provides that for the purpose of Article 5(1)(b) in case of a sales contract the place of performance is the place in a Member State "where the goods were delivered or should have been delivered under the contract". Having found that the Regulation has adopted an “autonomous” notion of delivery, the Italian judge however excluded recourse to CISG (namely, to its Art. 31(a)) as a means of interpreting the Regulation, as by virtue of its own nature the Regulation prevails over both domestic and international law, and it found the place of delivery to be located in France.

The Court also rejected the seller’s argument that the forum selection clause contained in the seller’s own standard terms was valid since, being attached to the seller’s confirmation of order, such terms amounted to a new offer (Art. 19 CISG) which had not been accepted by the buyer. Nor did the seller give evidence that acceptance of the forum selection clause could be inferred by the existence of a practice between the parties (Art. 23(1)(b) of the Regulation) or an usage internationally known and observed in the specific trade involved (Art. 23(1)(c) of the Regulation)).

Fulltext

SENTENZA
nella causa civile rubricata sub n. 1537/05 r.g.c. promossa con atto di citazione notificato il 14/11/05
DA
EUROFLASH IMPRESSION S.a.s., con sede in Brantome (Francia), Avenue Andrè Maurois, in persona del Presidente Directeur General e legale rappresentante sig. Arnaud Lefeure, rappresentata e difesa ai fini del giudizio per procura speciale alle liti dall’avv. Gian Bruno Bruni di Milano come da atto dr. Etienne Dubuisson, Notaio in Brantome (Francia), in data 25/10/05 e per sub delega in calce all’atto di citazione quale proc. dom. dall’avv. Paolo Mirandola di Rovereto, presso il cui studio è elettivamente domiciliata in Rovereto, C.so Rosmini n. 18 (ATTRICE OPPONENTE)
CONTRO
ARCONVERT S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore dott. Sergio Tosolini, con sede in Arco (TN), rappresentata e difesa, in forza di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta, dall’avv. Gian Andrea Chiavegatti di Verona e dall’avv. Stefano Colla ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Rovereto, via Paoli n. 17 (CONVENUTA OPPOSTA)

CONCLUSIONI
ATTRICE OPPONENTE: “In via preliminare: dichiarare, in conformità al Regolamento CE n. 44/2001, la carenza di giurisdizione del giudice adito in favore del giudice francese competente;
Ancora in via preliminare: dichiarare l’inesistenza della notifica del decreto opposto e revocare per l’effetto il decreto ingiuntivo n. 295/05 r.g. n. 883/05 del Giudice monocratico del Tribunale di Rovereto;
In via preliminare subordinata: negare la provvisoria esecuzione al decreto opposto, stante l’inesistenza dei presupposti di cui all’art. 648 cod. proc. Civ.
In via subordinata, nel merito: nella denegata ipotesi in cui il G.M. del Tribunale di Rovereto ritenesse di non accogliere l’eccezione di carenza di giurisdizione sollevata con la presente opposizione, decidendo il merito della presente controversia, si chiede dichiararsi la revoca del decreto ingiuntivo perchè illegittimo ed infondato in fatto ed in diritto e respingersi in ogni caso la pretesa azionata da Arconvert.
In ogni caso: con vittoria di spese diritti ed onorari.”

CONVENUTA OPPOSTA: “In via preliminare:
- concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto per i motivi di cui in narrativa;
- nella denegata ipotesi che il Giudice non ravvisi gli estremi per concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo opposto, si insiste affinchè il Giudice voglia concedere la provvisoria esecutività del decreto ingiuntivo per il minor importo di Euro 16.047,30
relativamente alla prima consegna non contestata.
In via principale:
- respingersi le domande attoree tutte in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi esposti in narrativa;
- per l’effetto, confermarsi il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo n. 295/05 ing. R.g.c 883/05, emesso dal Giudice monocratico del Tribunla di Rovereto in data 11/07/2005 e regolarmente notificato in data 28/09/05;
In via subordinata e salvo gravame:
- confermarsi, comunque, il decreto ingiuntivo n. 295/05 ing. R.g. 883/05 emesso dal Giudice monocratico del Tribunale di Rovereto in data 11/07/05, per il minor importo di Euro 16.047,30, relativo alla prima consegna non contestata;
- condannarsi comunque, la società Euroflash Impression Sas al pagamento a favore di Arconvert SpA dell’importo di Euro 41.660,90, oltre interessi ex D.ls. 321/02 ed accessori, per la fornitura di merce di cui è causa, o quella maggior o minor somma che si riterrà di giustizia.
In ogni caso: spese, diritti ed onorari di causa interamente rifusi.”

FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con l’atto di citazione di cui all’epigrafe, la società EUROFLASH IMPRESSION S.a.s. (di seguito: EUROFLASH), con sede in Brantome (Francia) proponeva opposizione avverso il decreto n. 295/05 con il cui il Tribunale di Rovereto le aveva ingiunto il pagamento della somma di Euro 41660,90 oltre spese legali in favore di Arconvert S.p.A: di Arco (TN) (di seguito: ARCONVERT) a titolo di forniture di merce, documentata in conferme d’ordine, fatture commerciali ed estrattoautentico delle scritture contabili.
Con l’atto di opposizione, EUROFLASH, premetteva: di essere impresa di primaria importanza sul mercato francese nella stampa su cartone, etichette adesive, astucci, blisters e skinpacks; di avere avviato nell’Autunno del 2002, in seguito all’approvazione di campionatura, un rapporto di fornitura a consegne ripartite con Arconvert di Arco; di avere contestato, a lavorazione iniziata, “difetti rilevanti nel materiale fornito tali da renderlo improprio all’uso e di averli comunicati ad ARCONVERT; di avere avviato con ARCONVERT delle trattative volte a comporre l’insorgenda lite. Tanto premesso, EUROFLASH eccepiva, in via preliminare di rito, il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano, ai sensi e per gli effetti del Regolamento (CE) n. 44/2001 concernente la competenza giurisdizionale il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale. Rammentava parte opponente, che, in base al citato Regolamento, in caso di vertenza in materia contrattuale, il convenuto può essere citato in giudizio, oltre che presso il Foro generale, ossia nel suo luogo di residenza, anche davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita. Eccepiva, quindi, che tanto la sede della convenuta quanto il luogo di esecuzione del contratto sono situati in Francia; in particolare, emerge “dalle fatture prodotte dal ricorrente, alla voce destinatario e nel quadro resa, che la consegna è avvenuta franco domicilio ossia a Brantome presso la sede della EUROFLASH in Francia. Eccepiva, inoltre, che “per altro verso la clausola attribuitva di giurisdizione contenuta nelle condizioni generali di vendita a piè della conferma d’ordine (docc. Nn. 1-3 ric.) non è mai stata accettata da EUROFLASH né per iscritto né oralmente con conferma scritta, come espressamente richiesto dall’art. 23 del Regolamento” e che “pertanto la clausola è tamquam non esset”. Sempre in via preliminare di rito, la convenuta eccepiva che la notifica era stata effettuata in modo non rituale ed in particolare in spregio alla normativa contenuta nel Regolamento CE n. 1348 del 29 Maggio 2000. Nel merito eccepiva la difettosità della merce. Quindi rassegnava le conclusioni di cui all’epigrafe.
Con comparsa depositata in cancelleria il 4 gennaio 2006 si costituiva in giudizio ARCONVERT, la quale: nel merito, eccepiva la decadenza di EUROFLASH dalla facoltà della denunzia di vizi della merce e comunque contestava l’esistenza di vizi nella merce fornita ed affermava che tali vizi erano stati esclusi da specifiche prove di laboratorio effettuare da ARCONVERT su campioni della merce contestata; affermava che il rifiuto di pagamento opposto da EUROFLASH aveva natura pretestuosa. Domandava quindi il pagamento delle fatture e chiedeva al giudice di autorizzare la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo. Con riferimento alle eccezioni processuali sollevate da parte opponente, replicava quanto segue. Contestava l’eccezione di difetto di competenza giurisdizionale nel giudice Italiano, replicando che:
- l’art. 23 del Regolamento (CE) 44/2001 stabilisce che deve essere rispettata l’autonomia delle parti relativamente alla scelta del Foro giurisdizionalmente competente mentre il punto 24 del Preambolo precisa che il Regolamento non pregiudica il rispetto degli impegni internazionali assunti dagli Stati membri ed in particolare quelle convenzioni alle quali gli stati membri aderiscono. Alle luce delle suddette norme, ed in particolare della previsione contenuta nella lettera C dell’art. 23 del Regolamento, per la quale la proroga convenzionale della competenza può avvenire, nel commercio internazionale, in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere, affermava che le parti del contratto avevano concordemente accettato la proroga della competenza, in forza della clausola attributiva della competenza esclusiva al Tribunale di Rovereto inclusa nelle condizioni generali di vendita che ARCONVERT aveva allegato alla conferma d’ordine così come è uso comune delle società che operano vendite internazionali. In virtù di tale uso la proroga della competenza era non solo conosciuta ma era stata anche accettata da EUROFLASH “con il formale ordine del compratore”. Inoltre, essendo le parti della vendita vincolate dalla Convenzione di Vienna del 1980 sulla vendita internazionale, esse sono sottoposte all’art. 9 comma 1 di tale trattato, per il quale: “le parti sono vincolate dagli usi ai quali hanno consentito e dalle pratiche che si sono instaurate tra loro”.
- In seconda battuta, ARCONVERT replicava che anche il Foro speciale contrattuale, previsto dall’art. 5 primo comma lettera b) primo alinea del Regolamento 44/2001 conduce al giudice italiano perché, applicando la Convenzione di Vienna sulla vendita internazionale e quella di Lugano del 1988, il luogo di consegna della merce in base al contratto, idoneo a radicare la competenza in base al Regolamento, è quello in cui la merce viene consegnata al vettore, che nel caso di specie si individua nel territorio italiano.
- In terza battuta, parte convenuta affermava che in Italia va individuato il luogo di esecuzione del contratto, tanto in base alla citata convenzione di Vienna quanto in base alla Convenzione EFTA di Lugano del 1988, in base alle quali il luogo di esecuzione del contratto in caso di obbligazioni pecuniarie deve essere individuato nel luogo del domicilio del venditore, così come peraltro stabilito tanto dalla legge interna italiana quanto da quella francese.
Con riguardo all’eccezione di irritualità della notificazione, parte opposta replicava che la notificazione era avvenuta, a mezzo del servizio postale, in conformità alle prescrizioni del Regolamento (CE) n. 1348 del 29 Maggio 2000.
Alla prima udienza, celebrata il 25 Gennaio 2006 il giudice riteneva la causa matura per la decisione sulla questione del difetto di competenza giurisdizionale e fissava udienza di precisazione delle conclusioni, assegnando a parte opponente, convenuta sostanziale, il termine di legge per la proposizione di eccezioni non rilevabili d’ufficio.
All’udienza del 12 Aprile 2006, le parti precisavano le trascritte conclusioni. Il giudice tratteneva la causa in decisione, assegnando alle parti i termini di legge per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La causa va decisa in rito. E’ infatti fondata l’eccezione di difetto di competenza giurisdizionale sollevata da parte opponente EUROFLASH.
Preliminarmente va respinta l’eccezione di nullità della notificazione Essa è infondata perché la notificazione a mezzo del servizio postale è uno dei sistemi di notificazione ammessi dal Regolamento (CE) 1348/2000 richiamato da parte convenuta per fondare l’eccezione, senza considerare che la costituzione in giudizio da parte dell’opponente ha sanato il vizio di notificazione.
Va, invece, dichiarata l’incompetenza giurisdizionale del giudice italiano a conoscere della controversia in favore del giudice della Repubblica Francese.
In punto competenza, la lite è soggetta al Regolamento CE n. 44/2001 del Consiglio del 22 Dicembre 2000 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Regolamento cosiddetto Bruxelles 1, di seguito indicato come: Regolamento). Ricorrono infatti i presupposti, stabiliti dal Regolamento per la sua applicabilità, e cioè:
a) la materia “civile o commerciale” oggetto della causa, vertendosi in materia di pagamento di forniture commerciali (art. 1 del Regolamento);
b) la collocazione del domicilio del convenuto nel territorio di uno Stato membro dell’Unione Europea (art. 2 del Regolamento);
c) l’inizio del procedimento successivamente al 1° Marzo 2002 (art. 66, primo comma del Regolamento), data di entrata in vigore del Regolamento (art. 76).
Con riguardo al secondo presupposto di applicabilità del Regolamento, sopra evidenziato sub. lett. b), va osservato che parte convenuta è una società di diritto francese con sede in Francia nella città di Brantome. A mente dell’art. 60, secondo comma, del Regolamento n. 44, tale società è domiciliata in uno Stato Membro diverso dall’Italia e precisamente nella Repubblica di Francia. Il Regolamento ha, invero, stabilito, nell’art. 60, un concetto “autonomo” di domicilio delle società e delle persone giuridiche, modificando così il criterio di rinvio al concetto internazionalprivatistico di sede sancito dall’art. 53 della Convenzione di Bruxelles del 27 Settembre 1968 (di seguito indicata come: Convenzione) che il Regolamento è espressamente destinato a sostituire (art. 68, primo comma). Alla stregua dell’art. 60 del Regolamento ed in particolare delle specifiche indicazioni contenute nel comma secondo, la società EUROFLASH è domiciliata in Francia perché, a quanto è dato di comprendere dallo stesso “tipo societario” risultante dalla denominazione, in Francia si trova il luogo di incorporazione (place of incorporation) della società. Il Foro Generale della società Euroflash Impression S.a.s è, dunque, ai sensi dell’art. 2 del Regolamento, la repubblica Francese. La norma stabilisce, infatti, - così come l’art. 2 della Convenzione - che le “persone domiciliate nel territorio di uno Stato Membro sono convenute… davanti ai Giudici di tale Stato membro” (cd. forum rei). La società attrice, consapevole della carenza di competenza giurisdizionale del giudice italiano con riferimento al criterio generale del forum rei invoca, per radicare in Italia la vertenza, il criterio concorrente del Foro speciale contrattuale (art. 5 n. 1 del Regolamento, già art. 5 n. 1 della Convenzione). In materia contrattuale, tanto la Convenzione quanto il Regolamento, all’art. 5, consentono infatti all’attore di citare il convenuto, domiciliato nel territorio di uno Stato membro, davanti al giudice di un altro Stato membro: e precisamente “davanti al giudice del luogo in cui l’obbligazione dedotta in giudizio è stata o deve essere eseguita” (forum destinatae solutionis). Con riferimento al Foro speciale contrattuale, nel vigore della Convenzione di Bruxelles, la Corte di Giustizia del Lussemburgo ha, con la prime due sentenze interpretativa della Convenzione (Corte di Giustizia CE, sentenza 6 ottobre 1976, nella causa 12/76 Tessili c. Dunlop, in Racc., p. 1473 e Foro It., 1977, IV, 50; sentenza 6 Ottobre 1976, nella causa 14/76 De Bloos c. Boujer, in Racc., p. 1497 e Foro It., 1977, IV, 50) affermato due orientamenti giurisprudenziali, successivamente confermati (Corte di Giustizia CE, sentenza 29 giugno 1994, nella causa C-288/92, Custom Made Commercial, in Racc., I-2913, e Foro It., Rep. 1994, voce Giurisdizione civile, n. 76) fino alla soglia dell’entrata in vigore del Regolamento (Corte di Giustizia CE, sentenza del 28 Settembre 1999, nella causa C-440/97, Groupe Concorde c. Sudawiharno Panjan, in RDIPP, 2000, 217 e in Foro It., 2000, IV, 430; Corte Di Giustizia CE, sentenza del 5 Ottobre 1999, nella causa C 420/97, Leathertex c. Bodetex, in RDIPP 2000, 517 ed in Foro It., 2000, IV, 430). Il primo indirizzo ermeneutico (sentenza De Bloos cit.) consiste nell’affermazione del principio per il quale “obbligazione dedotta in giudizio” significa obbligazione posta a base dell’azione concretamente esercitata. Il riferimento all’obbligazione dedotta in giudizio, ossia dell’obbligazione posta a base della domanda, si risolve nell’applicazione del cd. metodo analitico, che può condurre a ritenere competenti giudici di diversi Stati membri con riguardo alle diverse obbligazioni nate dallo stesso contratto (cfr. sentenza Leathertex cit), quando queste debbano essere eseguite in Stati diversi. Il secondo orientamento giurisprudenziale è riassunto nella seguente massima : “L’art. 5, punto 1, della Convenzione 27 Settembre 1968 concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, … dev’essere interpretato nel senso che il luogo in cui l’obbligazione è stata o dev’essere eseguita va determinato in conformità alla legge che disciplina l’obbligazione controversa secondo le norme di conflitto del giudice adito” (sent. Groupe Concorde cit; ma anche sentenze Tessili e Custode made cit.). Il rinvio alla legge nazionale di diritto internazionale privato è sempre stato motivato dalla Corte sulla base della constatazione che le normative nazionali dei vari Stati membri hanno, in materia di contratti, concezioni molto divergenti circa il luogo di esecuzione delle obbligazioni e che tale luogo di esecuzione dipende dal contesto contrattuale al quale appartengono queste obbligazioni. “Infatti, talune delle questioni che possono sorgere in tale contesto, quali l’identificazione dell’obbligazione contrattuale che è alla base dell’azione in giudizio così come, in caso di pluralità di obbligazioni, la ricerca dell’obbligazione principale, possono solo difficilmente essere risolte senza far riferimento alla legge applicabile” (sent. Groupe Concorde cit.). In forza dei suddetti due orientamenti giurisprudenziali, l’opera dell’interprete, diretta alla determinazione del giudice competente in materia contrattuale, deve svolgersi, vigente la Convenzione, attraverso i seguenti due passaggi logici:
- l’identificazione dell’obbligazione contrattuale o di quella principale, in caso di pluralità di obbligazioni, contenuta nel rapporto dedotto in giudizio;
- l’individuazione del locus destinatae solutionis alla stregua del diritto sostanziale applicabile al contratto sulla base del diritto internazionale privato dello Stato del giudice adito.
In tale prospettiva, con riferimento alla domanda, oggetto di causa, di pagamento del corrispettivo contrattuale per la vendita di merce, il Foro speciale concorrente dell’esecuzione del contratto andrebbe, dunque, determinato sulla base delle legge che stabilisce il luogo di pagamento di somme di denaro, legge che va individuata secondo le norme di diritto internazionale privato italiano. La determinazione della competenza del giudice, sotto il vigore della Convenzione e secondo la Giurisprudenza della Corte, è operazione logica spesso assai complessa, come rilevato più volte dagli avvocati generali presso la Corte di Giustizia (avv.to generale Lenz nel caso Custom made cit., avv.to generale Leger nel caso Groupe Concorde cit. e avv.to generale Colomer nel caso Leathertex) e riconosciuto dalla stessa Corte (sentenza Lethertex cit.). La complessità, dipendente sia dalla non sempre univoca operazione di individuazione e qualificazione dell’obbligazione dedotta in giudizio sia dalle difficoltà di ricerca della lex causae secondo le norme di conflitto, è solo attenuata, ma certo non eliminata, dall’esistenza, in materia contrattuale, delle regole di conflitto uniformi contenute nella Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, diritto uniforme richiamato dalla stessa giurisprudenza della Corte (sentenza Custom made commercial, cit.). Va però osservato, per entrare nel cuore della decisione, che il Regolamento è intervenuto a semplificare, o meglio ad eliminare, il procedimento logico che il giudice deve seguire al fine di determinare la competenza internazionale in materia di Foro speciale nei contratti di compravendita. La lettera b), aggiunta dal Regolamento al n. 1 dell’art. 5, stabilisce infatti, espressamente che “ai fini dell’applicazione della presente disposizione, e salva diversa convenzione, il luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio è: nel caso della compravendita di beni il luogo situato negli Stati membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto”. La norma introduce un concetto preciso di luogo di esecuzione delle obbligazioni nel contratto di compravendita, individuandolo nel luogo di consegna dei beni, sia pure ai limitati fini della determinazione della competenza giurisdizionale (“ai fini dell’applicazione della presente disposizione”). La nuova regola ha un indubbio ed immediato effetto: quello di eliminare, in materia di contratto di compravendita, l’applicazione del cd. metodo analitico; il legislatore comunitario stabilisce, infatti, a chiare lettere, che il luogo di esecuzione delle obbligazioni, di tutte le obbligazioni, che scaturiscono da un contratto di compravendita è, ai fini della determinazione della competenza, il luogo della consegna della merce; ciò a prescindere dal luogo in cui le obbligazioni debbano essere eseguite secondo la lex causae. Nel caso in esame, è dunque irrilevante che l’obbligazione dedotta in giudizio sia quella di pagamento di una somma pecuniaria a titolo di corrispettivo; ciò che conta, per individuare il giudice competente in quello del luogo di consegna della merce, è che si tratti di obbligazione che ha fonte in un contratto di compravendita. Va sul punto osservato che è irrilevante la tesi sostenuta dalla convenuta, secondo la quale in seguito alla distruzione della merce da parte di EUROFLASH, il contratto più non esisterebbe e rimarrebbe solo il diritto di credito e ciò perché, a prescindere da ogni considerazione sulla “sostenibilità” di una simile teoria, l’azione esercitata dalla ARCONVERT, quale risulta dal ricorso per decreto ingiuntivo, è certamente un’azione contrattuale di pagamento del corrispettivo.
In base al nuovo art. 5 numero 1 lett. b) del Regolamento, il criterio di competenza speciale concorrente, consistente nel forum destinatae solutionis dell’obbligazione dedotta in giudizio, è dunque il Foro della consegna della merce. Per decidere sulla propria competenza, questo giudice deve, dunque, solo individuare quale sia il luogo della consegna della merce. L’interpretazione letterale della lettera b) dell’art. 5 n. 1 conduce il giudice ad individuare il luogo di consegna in quello in cui la merce entra nella disponibilità materiale dell’acquirente e quindi, nel caso di specie, nella luogo della sede della società in Francia, dove la merce è stata inviata dall’attrice, come si evince dai documenti di trasporto dalla stessa AQUAFIL dimessi in giudizio. Senonchè si deve osservare che il termine “consegna” ha sovente, nel linguaggio giuridico, un significato diverso da quello che esso ha nel linguaggio comune. Va, in particolare, evidenziato che proprio in materia di vendita internazionale di merci, qual è quella in oggetto, il termine consegna ha un significato giuridico “convenzionale” diverso dal significato letterale. La vendita internazionale di merci è infatti regolata dalla Convenzione di Vienna delle Nazioni Unite ratificata con Legge 11 dicembre 1985, n.765 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1988 (di seguito: Convenzione di Vienna), più volte richiamata da parte opposta, la quale Convenzione ha introdotto un diritto uniforme di carattere materiale – in ciò si concorda con le sentenze citata da ARCONVERT –. In base all’art. art. 31 lett. a) della convenzione di Vienna, l’obbligazione di consegna del venditore, quando il contratto implica un trasporto di merci, si esegue con la consegna della merce al trasportatore; la regola coincide con quella del codice civile italiano in caso di vendita da “piazza a piazza” (art. 1510 secondo comma C.C.). Stando alla Convenzione di Vienna ed al codice civile italiano, il luogo di consegna della merce, inviata da ARCONVERT ad EUROFLASH, sarebbe dunque in Italia, perché in Italia ARCONVERT consegnò la merce al trasportatore. Va, inoltre, incidentalmente, osservato che, in base alla stessa Convenzione di Vienna, sempre in Italia andrebbe individuato il luogo di esecuzione della obbligazione di pagamento del prezzo e ciò in base all’art. 55 lett. a) della stessa convenzione, la cui previsione è conforme all’art. 1182 terzo comma C.C. italiano. In tale contesto normativo, spetta al giudice stabilire se il Regolamento, quando introduce la regola della competenza contrattuale legata al luogo di consegna della merce, intenda stabilire un concetto autonomo di consegna, conforme al significato letterale della parola, ovvero indichi un concetto giuridico suscettibile di diversa interpretazione secondo le leggi nazionali ovvero secondo la Convenzione di diritto materiale uniforme di Vienna. Per questa seconda ipotesi, si dovrebbe anche chiarire se il giudice, ai soli fini della determinazione della competenza giurisdizionale, debba compiere quella stessa operazione logica, propugnata dalla Corte di Giustizia vigente la Convenzione di Bruxelles (sentenze: Tessili, Custom Made Commercial e Groupe Concorde cit.) e cioè l’individuazione, in base alle norme di conflitto, della legge che disciplina l’obbligazione di consegna della merce. Tale questione, che è stata seppur sommariamente trattata in corso di causa, va risolta da questo giudice, perché essa non può non esser sottoposta all’interpretazione pregiudiziale della Corte di Giustizia, alla quale è sottratta – in subiecta materia – non solo la richiesta di rinvio pregiudiziale del giudice di prima istanza – come avviene anche in base al protocollo del 3 giugno 1971 sulla interpretazione della Convenzione di Bruxelles del 27 settembre 1968 – ma anche quella del giudice superiore che non sia giudice di ultima istanza (cfr. art. 68 del Trattato, più restrittivo dell’art. 234 dello stesso Trattato).
Ritiene questo giudice che la soluzione della questione dipenda dall’interpretazione del Regolamento quale fonte di diritto comunitario. A favore della tesi contraria al “concetto autonomo” di luogo di consegna, contenuto nel Regolamento, è possibile portare un argomento giuridico ed uno di ragionevolezza. Sotto il profilo giuridico va osservato che, in base al diciannovesimo “considerando” del Regolamento deve essere garantita una “continuità interpretativa” tra la Convenzione ed il Regolamento stesso. In un’ottica di continuità interpretativa si potrebbe trasporre la giurisprudenza elaborata dalla Corte di Giustizia con riferimento al luogo di esecuzione dell’obbligazione (sentenze: Tessili, Custode made e Groupe Concorde cit.) anche al luogo di consegna della merce e ciò sulla base della constatazione che, anche nella determinazione del luogo di consegna della merce, così come di quello di esecuzione dell’obbligazione, è possibile rinvenire normative nazionali tra loro divergenti. L’argomento ulteriore, di “ragionevolezza”, attiene alla “volontà del legislatore”. Sarebbe dunque irragionevole che il Legislatore comunitario avesse adottato un concetto autonomo di “consegna”, riferito al luogo in cui la merce entra nella disponibilità materiale dell’acquirente, scegliendo così, ai fini della determinazione della competenza giurisdizionale, un concetto di consegna della merce contrastante con la disciplina materiale - contenuta nella Convenzione di Vienna - normalmente applicabile, nel merito, alla stessa controversia. Tali argomenti sono però superati da ragionamenti ermeneutici di segno contrario. Va, innanzitutto, osservato che il “il principio di continuità interpretativa” tra Convenzione e Regolamento, se vale per le norme trasfuse dal Trattato all’atto comunitario, non può valere per le innovazioni normative. E’ indubbio, perché si evince dai lavori della Commissione 99/348 per la revisione della Convenzione di Bruxelles, che la previsione della lett. b) dell’art. 5 n. 1 fu introdotta proprio al fine di creare una “discontinuità” regolamentare rispetto alla giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia di luogo di esecuzione delle obbligazioni” e risolvere, quindi, le complessità connesse al procedimento logico di individuazione del giudice competente in materia di contratto. Nell’ottica della “continuità interpretativa”, non è quindi alla giurisprudenza sopra citata (Tessili, Custom made e Groupe Concorde) della Corte che si deve fare riferimento ma ad altra giurisprudenza della stessa Corte - relativa ai principi sottesi alla Convenzione di Bruxelles - utile anche per interpretare la novità normativa. Va, dunque, ricordato, a sostegno dell’interpretazione autonoma, che la Corte di Giustizia ha sempre propugnato, “nei limiti del possibile”, un’interpretazione autonoma delle norme della Convenzione di Bruxelles “in modo da garantire a questa piena efficacia conformemente agli scopi dell’art. 220 del Trattato CE (divenuto art. 293 CE), ai sensi del quale la Convenzione è stata stipulata (Corte di Giustizia CE, sentenza 13 Luglio 1993, Mulox IBC, C-125/92, Racc., I-4075, punto 10) La stessa Corte di Giustizia ha, inoltre, ripetutamente affermato che il principio della certezza del diritto costituisce uno degli obbiettivi della Convenzione di Bruxelles (Corte di Giustizia CE, sentenza 20 gennaio 1994, Owens Bank, C-129/92, Racc., I-117, punto 31) e che questo principio richiede in particolare che le norme di competenza che derogano al principio generale del forum rei, quali l’art. 5 punto 1, siano interpretate in modo da consentire ad un convenuto normalmente accorto di prevedere ragionevolmente dinanzi a quale giudice, diverso da quello dello Stato del proprio domicilio, potrà essere citato (Corte di Giustizia CE, sentenza 17 Giugno 1992, Handte, C-261/91, Racc., I-3967, punto 18). Alla luce della giurisprudenza citata, si deve ritenere che, con la comunitarizzazione delle regole di diritto processuale uniforme, già contenute nella Convenzione di Bruxelles, il Legislatore comunitario abbia voluto rafforzare quelle esigenze di certezza e di prevedibilità del diritto processuale europeo. A comprova del fatto che, certezza del diritto e prevedibilità del Foro, costituiscano la ratio che ha guidato il legislatore comunitario nell’introduzione della lett. b) dell’art. 5 comma 1, si vedano: il “considerando” n. 3 del Regolamento che indica tra gli obbiettivi dell’intervento normativo quello di “unificare le norme sui conflitti di competenza in materia civile e commerciale” ed il considerando n. 11, per il quale: “Le norme sulla competenza devono presentare un alto grado di prevedibilità”. E’ dunque in base alla stessa fonte del diritto comunitario ed alla giurisprudenza della Corte di Giustizia elaborata con riferimento alla Convenzione di Bruxelles – giusto il richiamato principio “continuità interpretativa” – che va ricercata l’interpretazione del nuovo art. 5 n. 1 lett b) del Regolamento quale interpretazione autonoma, che serva a semplificare le regole sulla competenza, in ragione di certezza e prevedibilità della loro applicazione.
Il riferimento alla Convenzione di Vienna del 1980, richiamato dall’attore, per quanto suggestivo, non può dunque servire ai fini dell’interpretazione del Regolamento. Essa potrebbe, in astratto, trovare spazio con riguardo alla Convenzione di Bruxelles, che è pur sempre un trattato di diritto internazionale, come tale soggetto alle norme di diritto internazione e quindi anche alla Convenzione di Vienna del 1969 sulla interpretazione dei Trattati e di questa all’art. 31, a mente del quale l’interpretazione del trattato deve essere effettuata tenendo conto di any relevant rules of international law applicable in the relations between the parties, ovvero di ogni altra regola che, disciplinando il settore, possa incidere nell’ambito di operatività del Trattato. Il Regolamento, invece, per quanto sia stato adottato in base alla particolare fonte di competenza comunitaria prevista dall’art. 65 del Trattato CE, inserita con il Trattato di Amsterdam, è pur sempre un atto normativo emanato da un’Istituzione comunitaria, come tale dotato di supremazia rispetto al diritto interno ed a quello convenzionale. All’interno del diritto comunitario vanno pertanto ricercate la chiavi interpretative del diritto regolamentare. In definitiva, l’espressione “luogo di consegna” contenuta nell’art. 5 lett. b) del Regolamento deve essere interpretata in via autonoma, per rispondere a quelle esigenze di certezza del diritto e di prevedibilità della competenza che ne costituiscono il fondamento.
All’interno del diritto comunitario non è possibile rinvenire una nozione materiale di “consegna della merce nel contratto di compravendita” utile all’attività ermeneutica di tipo “sistematico”. Non resta quindi che l’interpretazione letterale che porta ad individuare il luogo di consegna in quello in cui la merce perviene nella disponibilità materiale del destinatario, luogo che di regola coinciderà con il domicilio del convenuto, in conformità con il considerando numero 11 del Regolamento. Residua un unico dubbio legato al principio di “effettività” della regola, al principio cioè, sancito nel “considerando” n. 12 del Regolamento, in base al quale i “fori alternativi” dovrebbero essere “ammessi in base al collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia”. In materia di compravendita di merci da “piazza a piazza”, il diritto uniforme della Convenzione di Vienna e la stessa legge italiana suggeriscono che il collegamento tra territorio e luogo di esecuzione delle obbligazioni è dato dalla sede del venditore, dal luogo cioè in cui viene ordinariamente consegnata la merce al vettore ed in cui va pagato il corrispettivo pecuniario. L’interpretazione autonoma della lettera b) dell’art. 5 numero 1 del Regolamento fa, dunque, sì che il luogo di consegna della merce, stabilito ai fini della competenza giurisdizionale, sarà spesso diverso dal luogo di esecuzione del contratto in base al diritto materiale applicabile. Tale osservazione, tuttavia, non attiene all’interpretazione del Regolamento che, come sopra chiarito, è guidata da altri canoni ermeneutici ma alla scelta discrezionale del Legislatore comunitario nell’individuazione del “collegamento stretto tra l’organo giurisdizionale e la controversia”. Tale scelta discrezionale è, però, sottratta al sindacato del giudice. Nel caso di specie lo Stato membro di consegna della merce è dunque la Repubblica Francese.
Va pertanto dichiarata l’incompetenza giurisdizionale del giudice italiano a conoscere della controversia.
Né valgono ad affermare la competenza giurisdizionale del giudice italiano le ulteriori ragioni sostenute da ARCONVERT e fondate sull’art. 23 del Regolamento che disciplina la proroga della competenza, ossia il caso in cui le parti “abbiano attribuito la competenza di un giudice di uno Stato membro a conoscere delle controversie, presenti o future, nate da un determinato rapporto giuridico”. Si deve osservare che la questione della proroga della competenza, ove fondata, renderebbe superflua tutta la motivazione della decisione che precede e ciò perché la Corte di Giustizia ha affermato, con riferimento all’art. 17 della Convenzione di Bruxelles – il cui contenuto è stato riprodotto nell’art. 23 del Regolamento –, che la proroga convenzionale della competenza esclude sia la competenza determinata dal principio generale del Foro del convenuto, sancita dall’art. 2, sia le competenze speciali di cui all’art. 5 (Corte di Giustizia, 20 Febbraio 1997, causa C-106/95, Mainschiffahrts-Genossenschaft eb (MSG) v. Les Gravihres Rhinanes SARL, in Racc., 1997, I-911 e pubblicata alla pagina web ...). La tesi sostenuta da ARCONVERT è però infondata. Questa società afferma che l’indicazione, nelle condizioni generale di vendita poste in calce alla conferma d’ordine (docc. 1, 2 e 3 allegati al decreto ingiuntivo), del Tribunale di Rovereto quale Foro avente giurisdizione esclusiva valga, ai sensi dell’art. 23 del Regolamento, a stabilire una competenza giurisdizionale esclusiva in favore del giudice italiano. Mancando un accordo scritto sulla proroga di competenza, ARCONVERT sostiene l’applicabilità:
- della lettera b) dell’art. 23 che richiama la clausola attributiva della competenza esclusiva che sia conclusa in una forma ammessa dalle pratiche che le parti hanno stabilito tra loro;
- nonché la lettera c) della stessa norma la quale acconsente che tale conclusione avvenga nel commercio internazionale in una forma ammessa da un uso che le parti conoscevano o avrebbero dovuto conoscere e che, in tale campo, è ampiamente conosciuto e regolarmente rispettato dalle parti di contratti dello stesso tipo nel ramo commerciale considerato.
Orbene quanto alla applicabilità della lettera b) essa è esclusa dalla considerazione che si trattava pacificamente del primo rapporto contrattuale tra le due società, con la conseguenza che non è possibile nemmeno ipotizzare l’esistenza di una “pratica” tra le due parti; su tale punto si tornerà infra. Quanto alla lettera C), gli argomenti portati da ARCONVERT circa l’esistenza di un uso commerciale non servono alla sua tesi. Riferisce dunque ARCONVERT, nella memoria di replica alla comparsa conclusionale, che, secondo la dottrina italo-francese che si occupa di contrattualistica commerciale, la questione “dell’applicabilità delle condizioni generali di vendita è legata alla corrispondenza a forme necessarie a renderla parte integrante del contratto” e soggiunge che “tale principio dottrinale (..) riconosce l’operatività delle condizioni generali a condizione della loro effettiva conoscenza ed accettazione da parte del compratore: le condizioni generali di vendita devono essere note alle controparte al momento della conclusione del contratto, devono essere evidenziate all’interno del contratto e devono essere chiaramente leggibili”. La menzionata tesi, a ben vedere, esclude che si possa ricorrere ad “una forma ammessa dall’uso” nella conclusione del contratto perché presuppone - con interpretazione assai rigorosa delle regole di conclusione del contratto nei traffici internazionali, nella specie italo francesi - che le clausole generali di contratto siano non solo portate a conoscenza della controparte ma addirittura “evidenziate all’interno del contratto” e quindi accettate dal contraente destinatario della proposta. Tale interpretazione delle regole di conclusione del contratto è addirittura più rigorosa di quella maturata in applicazione della Convenzione di Vienna, più volte menzionata dalla stessa parte convenuta: la giurisprudenza (V. AG Nordhorm, 14 Giugno 1994, pubblicata alla pagina web ...), nell’interpretare gli artt. 8 e 14 e ss. della Convenzione ha, invero, ritenuto che possano considerarsi parte integrante della proposta contrattuale le condizioni generali di contratto stampate a tergo di un formulario d’ordine che rechi sulla pagina anteriore un riferimento espresso alle stesse condizioni. La giurisprudenza menzionata ritiene pertanto che, ai fini della completezza della proposta contrattuale, non sia necessario che le condizioni generali siano “evidenziate” all’interno del contratto – come opina ARCONVERT – ma reputa invece sufficiente un richiamo nel testo della proposta contrattuale del documento che le contiene, purché tale documento sia reso accessibile al destinatario della proposta (v. Bundesgerichtshof, 31 ottobre 2001, pubblicata alla pagina web ...).
Nel caso di specie non vi è nessun dubbio sul fatto che le condizioni generali di contratto, stampate in calce alla conferma d’ordine, siano state portate a conoscenza di EUROFLASH, visto e considerato che la stessa società opponente ammette di avere ricevuto la conferma d’ordine (pagina ... dell’atto di citazione in opposizione).
Il punto è però un altro e cioè che, sebbene conosciute, quelle condizioni generali di contratto non furono accettate da EUROFLASH.
L’accordo sulle condizioni generali di contratto, per la stessa prospettazione attorea così come per la Convenzione di Vienna (artt. 14 e ss. ed il codice civile italiano (art. 1326 C.C.) presuppone una proposta ed un accettazione. Ne consegue che la parte che prende l’iniziativa (il “proponente”) – la quale soprattutto nel commercio internazionale spesso cerca di includere le proprie condizioni generali di contratto nel contenuto dell’accordo – quando collochi tali condizioni generali in calce o a tergo dell’ordine ovvero in un documento allegato e richiamato nel testo della proposta, potrà sostenere che tali clausole generali siano state accettate, purché riceva una conferma d’ordine ovvero dimostri l’esistenza di un’altra forma di accettazione ammessa dagli usi. Nel caso in esame, però, le condizioni generali di contratto sono state apposte non sull’ordine – la proposta contrattuale – ma sull’accettazione - la conferma d’ordine -; esse, secondo le regole che governano la conclusione del contratto, valgono come nuova proposta (1326 u.c. C.C. e art. 19 della Convenzione di Vienna).
Ebbene, non risulta che esse siano state successivamente accettate da EUROFLASH.
Tale successiva accettazione non può certo essere desunta, come sembra voler affermare ARCONVERT, dalla conoscenza delle condizioni generali di contratto da parte della società francese, perché la conoscenza, o meglio la conoscibilità (vedi art. 8 comma 1 della Convenzione di Vienna) è il presupposto per una consapevole accettazione; ma un’accettazione vi deve pur essere. Tale accettazione, nel caso in esame, non può nemmeno essere desunta dal comportamento di EUROFLASH. Dall’ampia documentazione dimessa dalla società opponente (2-7) emerge infatti che questa condusse le trattative non direttamente con ARCONVERT ma con l’agente francese della società trentina, e cioè con la società ALT con sede in La Garenne Colombes, 29 Rue Camion (FR); risulta, inoltre, dalla lettura del documento 2 depositato da ARCONVERT nella causa di opposizione che addirittura l’ordine fu inviato ad ARCONVERT da ALT su incarico del cliente finale. Risulta poi che anche la fase di esecuzione del contratto, e precisamente quella relativa alla denunzia dei vizi e gestione iniziale del contenzioso, sia stata caratterizzata da scambi epistolari tra EUROFLASH ed ALT (docc.10-14) e ciò fino alla decisione di EUROFLASH di distruggere la merce, decisione comunicata direttamente ad ARCONVERT (doc. 15 del fascicolo dell’opponente). In tale contesto di rapporti contrattuali, la conferma d’ordine inviata da ARCONVERT direttamente ad EUROFLASH, con aggiunta delle condizioni generali di contratto, è rimasta un atto isolato.
Tale ragionamento non vuole escludere che l’apposizione di condizioni generali di contratto in calce alla conferma d’ordine non sia conforme ad un uso commerciale; esso significa soltanto che ARCONVERT, mentre pretende un accettazione inequivoca di tali condizioni, non ha né allegato né dimostrato l’esistenza di un uso siffatto nell’accettazione delle condizioni generali di contratto nel settore commerciale in cui operano le odierne contendenti. Si deve peraltro osservare che ben difficilmente ARCONVERT avrebbe potuto convincere il giudice dell’esistenza di un tale uso e ciò alla luce della giurisprudenza elaborata dalla Corte di Giustizia con riferimento alle corrispondenti norme contenute nella Convenzione di Bruxelles. Giova rammentare che la Corte di Lussemburgo, nell’interpretare l’art. 17 della Convenzione di Bruxelles, ha sì ritenuto la validità di un uso relativo alla conclusione del contratto in presenza di clausole di proroga di competenza contenute in fatture, condizioni generali di vendita, conferme d’ordine, purché tali documenti siano emessi nell’ambito di un rapporto commerciale continuato o consolidato, in guisa che il soggetto non predisponente, che già in passato avesse eseguito la prestazione senza contestare la clausola di proroga, non possa in buona fede negare l’esistenza di una proroga di competenza (Corte di Giustizia, 14 Dicembre 1976, causa 25/76, Galeries Segoura SPRL. c. Società Rahim Bonakdarian, in Racc., 1976, p. 1851; nello stesso senso: Corte di Giustizia, 19 Giungo 1984, causa 71/83, Partenreederei ms Tilly Russ ja Ernest Russ v NV Haven-& Vervoerbedrijf Nova NV Gemine Hout, in Racc., 1984, p. 2417). In tal senso si è espressa anche la Suprema Corte di Cassazione italiana a sezioni unite con la decisione n.4625 del 26 Aprile 1995 (che richiama la sentenza della Corte di Giustizia Galeries Segoura S.P.R.L. cit.), con la quale ha ritenuto che la proroga della competenza, ai sensi della Convenzione di Bruxelles, è valida anche nei casi in cui il contratto sia concluso a mezzo di accettazione tacita mediante la sua esecuzione – e quindi non in forma scritta – purchè il “rapporto sia stato preceduto da operazioni commerciali in cui la clausola risulti regolarmente accettata per iscritto e costantemente applicata”.
In definitiva ARCONVERT non ha né allegato né dimostrato l’uso vigente nel commercio internazionale ma non ha nemmeno – né avrebbe potuto, trattandosi di primo rapporto contrattuale – dimostrato che le clausole di proroga della competenza contenute della conferma d’ordine siano state accettate da EUROFLASH in conformità agli usi correnti tra le parti ed alla luce di una lettura del loro contegno contrattuale secondo buona fede.
Quanto alla spese di lite, esse vanno integralmente compensate. Il giudice, è infatti, consapevole che il proprio orientamento interpretativo dell’art. 5 del reg. 44/2001 è contrastato da diverse letture della norma da parte di altri tribunali (si veda la giurisprudenza padovana citata dallo stessa società opposta). Il contrasto giurisprudenziale giustifica pertanto l’integrale compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
Dichiara il difetto di competenza giurisdizionale del giudice italiano; per l’effetto revoca il decreto ingiuntivo opposto. Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.}}

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